Utensileria Latomistica

Nel linguaggio simbolico, nei Rituali, negli scritti latomistici in genere si fa riferimento sempre ad un’azione da compiere ben precisa: costruire, edificare, attività che indicano lavoro. Vocabolo, quest’ultimo, che presuppone un movimento, una dinamicità, o quantomeno una disposizione a compiere qualcosa. Per edificare occorrono attrezzi; la Massoneria mette a disposizione quelli latomistici.

G. G. – Loggia «Palingenesi», Catania GOI (Revista massonica svizzera aprile 2009)

Nel nostro caso, avendo assunto, ab inizio, questa commessa, questo impegno, con l’iniziazione, ma anche prima, con la scelta di farsi iniziare, ci si riunisce a tal fine, e più precisamente «per edificare templi alle virtù…». Un lavoro, quindi, prettamente interiore che si risolve, nel suo aspetto esteriore «per il bene dell’Umanità…». La costruzione del Tempio comprende: il proprio Tempio interiore, il Tempio che si identifica nella Loggia fisica (quando i lavori sono aperti) e il Tempio dell’Umanità intera, intesa come un’unica entità. Il Massone deve quindi dare avvio al lavoro individuale per realizzare, attraverso un processo di identificazione, – sincronicamente – quello più ampio affidato alla Massoneria Universale. In tal modo assolve alla sua missione di Libero Muratore. La Massoneria mette a disposizione dei propri proseliti gli arnesi, gli utensili (cose utili) più appropriati per ogni fase della costruzione, del lavoro. «L’utensile rappresenta il prolungamento della mano, collegamento tra la mente e la materia di cui la mano è l’agente di esecuzione. L’utensile permette alla mano di migliorare e regolare il gesto, per realizzare ciò che essa da sola non saprebbe fare senza subire danni: strutturare e padroneggiare la materia.» (I. Mainguy). Questi attrezzi rappresentano ognuno una propria specifica azione, non solo simbolica ma effettiva e necessaria, per il lavoro che ci si appresta a fare. Gli attrezzi più in uso sono: Leva, Mazzuolo, Scalpello, Regolo, Filo a piombo (Perpendicolare), Livella, Corda, Cazzuola, Maglietto, Squadra e Compasso.

Trovare e sgrossare la pietra

La prima prova che il candidato sostiene nel Rito di iniziazione è quella della Terra, nel Gabinetto di Riflessione (penetrazione fisica di un simbolo). Si entra, o meglio, si scende a visitare l’Interiora Terrae per cercare qualcosa che si sa che c’è, o quantomeno, che s’intuisce ci sia: l’occultum lapidem, la pietra nascosta, l’oggetto del nostro lavoro. L’inizio è la pietra stessa, simbolo della corporeità, del proprio corpo. Grazie all’intervento del Maestro Venerabile, il quale, coadiuvato dai due Sorveglianti e illuminando questo luogo con la luce della sua sapienza, aiuta il candidato ad individuarla per poi estrarla, liberarla e iniziare su di essa il lavoro. Per smuoverla, per tirarla fuori, si userà la LEVA. Questa, in sé, è uno strumento rigido, passivo, riguardante perciò la materia, ed è proprio la prima materia che sarà liberata. Questo simbolo suggerisce il potere della volontà umana, potere che se non ben controllato diventa distruttivo. Ecco perché la prima volta è consentito usarla esclusivamente con l’aiuto delle Luci. Questo attrezzo verrà consegnato al lavorante solo dopo avergli riconosciuta una certa valentia nell’operare. Questa prima fase è un lavoro molto delicato: riconoscere come siamo, quello che siamo (con vizi e virtù). Accettare tutto questo è già un gran passo. Ci ritroviamo così con questa pietra, al momento inservibile, poiché essendo grezza non può servire ancora per la costruzione. Occorre prima, come si dice in gergo lapicida, dirozzarla. Due sono gli utensili atti alla bisogna: lo SCALPELLO e il MAZZUOLO. Lo Scalpello, scrive Oswald Wirth, «raffigura le risoluzioni ch’egli [l’iniziando, ndr.] prende per migliorarsi». Risoluzioni che debbono incidere, cioè mantenute con fermezza, con la giusta inclinazione d’animo, affinché possano smussare tutti gli angoli della personalità. «Lo scalpello è simbolo di una conoscenza distintiva, della facoltà di scegliere volontariamente, in base a motivazioni serie, il cui fondamento sia oggettivamente verificabile. Simbolo di determinazione, lo scalpello è lo strumento del discernimento, virtù essenziale in ogni ricerca in cui vi sia la volontà di pervenire a un’opera compiuta.» (I. Mainguy) Il Mazzuolo evoca il simbolo della Forza, la quale deve avere una attenta applicazione per non divenire anch’essa distruttiva. Si insegna che il suo uso deve essere sincronico con quello dello scalpello. Questi due attrezzi sono legati, l’uno all’altro, in modo indissolubile, poiché usati separatamente porterebbero solo nocumento all’oggetto del lavoro. Il sapiente uso di questo strumento fa sì che questi si trasformi, dopo aver finito il lavoro più grossolano, il dirozzamento della pietra, dapprima in quella che viene chiamata martellina, usata da sola per sbozzare (eliminare) le ultime asperità, ed in ultimo in maglietto, che è lo strumento assieme al compasso, che indica il raggiungimento della maggior perizia nel lavoro: la maestria. Questa fase di sgrossamento e sbozzamento della nostra pietra è delicatissima ed un piccolo errore può pregiudicare il risultato finale. Ogni colpo dato alla pietra con mazzuolo e scalpello è definitivo, in quanto non si può aggiungere, ma solo togliere materia.

Edificare il Tempio dell’Umanità

Superata la prima fase del lavoro, la pietra adesso ha una forma relativamente cubica. Ma questo non basta ancora: bisogna portare la pietra ad una perfezione tale da poter essere utilmente usata, non dimentichiamolo, per la costruzione della Loggia-Tempio e del Tempio dell’Umanità. Deve diventare cioè perfettamente combaciante con le altre, deve diventare cioè perfettamente levigata. Data la delicatezza del lavoro, occorre accertarsi, per evitare errori grossolani difficilmente recuperabili, che il nostro lavoro sia costantemente verificato in ogni suo avanzamento. Tale verifica viene effettuata con attrezzi atti alla misurazione: il FILO A PIOMBO (Perpendicolo), il REGOLO, la LIVELLA e la SQUADRA. Per verificare se l’oggetto del nostro lavoro sia perfettamente verticale o orizzontale si utilizzeranno due precisi attrezzi: la Livella ed il Filo a piombo. Il Filo a piombo è formato da un peso di metallo, non necessariamente di piombo, appeso ad una corda. Esso, con la sua verticalità, suggerisce l’ideale di dignità, di onore, di non essere mai proni, ideali ai quali il Massone mai deve rinunciare. Poiché un piccolo discostamento dal progetto fatto alla base, ne comporta uno grande all’apice. Per questo il lavorante deve sempre verificare (misurarsi) ogni avanzamento nel suo lavoro. «Il Signore mi fece avere ancora un’altra visione: stava vicino a un muro, alto e diritto, e teneva in mano un filo a piombo. Il Signore mi chiese: – Amos, che cosa vedi? – Un filo a piombo – risposi. – Ho misurato con esso il mio popolo – disse il Signore – e non posso più perdonarlo. » (Amos 7.7). È facile, naturale, accostare il simbolismo del Regolo a quello della rettitudine, ma bisogna accostarlo anche a quello della misura. Infatti, non si dimentichi, che gli eccessi trasformano le virtù in vizi. Si dice trovare la giusta misura, che non significa prendere un po’ di questo e un po’ di quello – che questo è il senso ammannitoci dai soliti sapienti – ma di due cose farne una, cioè la coniunctio oppositorum. Occorre quindi dirittura morale e spirituale, lealtà ed onestà non solo con gli altri, ma principalmente con se stessi. «La Livella assicura l’orizzontalità, è uno strumento di precisione per la ricerca e stabilità dell’equilibrio. Tutte le definizioni concordano nel riconoscere che il suo ruolo consiste nel verificare l’orizzontalità del piano. L’utilizzazione costante della livella rassicura il muratore del fatto che, a prescindere dall’altezza raggiunta dall’opera, tutti i piani orizzontali saranno perfetti quanto quello delle fondamenta, che egli avrà preliminarmente stabilito con gli stessi utensili e con la stessa cura.» (I. Mainguy) Quello che ci suggerisce, quindi, non è da confondersi con un appiattimento, un adeguarsi supinamente agli altri, bensì trovare la giusta misura, il giusto equilibrio.

Posizionare e stabilizzare l’edificio

La CORDA «La Corda (detta anche Corda dei nodi d’amore) è un antichissimo strumento, forse il più umile, usato dagli operativi. Essi sapevano che ogni costruzione deve essere impiantata sul terreno prima di essere cominciata e che la cordicella recita una grande parte in questa operazione (…). L’impostazione di un edificio assume un’importanza particolarmente grande quando si tratta di un Tempio e, già nell’antico Egitto, questa operazione veniva eseguita dai tenditori di cordicelle, professionisti, e accompagnati da riti simili alla nostra posa della prima pietra.» (W. Nagrodski) Da questo si può facilmente dedurre che il Massone deve concentrare il proprio lavoro su uno spazio ben delimitato per iniziare la sua costruzione, evitando così lo spreco di tempo ed energia. Sebbene gli antichi costruttori usassero principalmente la tecnica dei contrappesi, nell’edificare le Cattedrali, spesso veniva utilizzata anche la malta come legante delle pietre da costruzione. Infatti queste potevano (e possono) presentare, seppur impercettibili, delle imperfezioni che pregiudicano l’equilibrio di tutta la costruzione. Per impastare la malta serve un utensile adatto, destinato a legare le pietre per l’unità della costruzione: la CAZZUOLA. «… colmando i punti di giunzione si forma una sola ed unica massa, il che su un piano più astratto ci insegna ad applicare il cemento dell’affetto e della bontà per unire tutti i membri della famiglia massonica, ovunque si trovino, dispersi nel mondo, in una sola comunità di amore fraterno.» (I. Mainguy) È l’emblema dei sentimenti di benevolenza verso tutti. Rappresenta il simbolo della fraternità universale, della tolleranza e dell’amore fraterno, unico e solo cemento di unione per l’edificazione del Tempio. «Tutto dipende dall’arte di maneggiare la Cazzuola, conciliando le necessarie e feconde opposizioni. Essa è lo strumento di lavoro per la ricerca del Bello, del Bene e del Vero nella costruzione della nostra opera, che consiste in un’esistenza alla ricerca dell’Eternità, nonché della vita e dell’armonia di tutti noi.» (I. Mainguy)

Squadra e Compasso – il perfezionamento

Il simbolismo, o meglio, le idee, i significati che si possono – soggettivamente – attribuire alla SQUADRA sono molteplici, in quanto questa rappresenta un simbolo non solamente massonico. Infatti è presente – in modo pregnante – in quasi tutte le Tradizioni occidentali e orientali: ad esempio in quella egizia e in quella cinese. La Squadra, col suo angolo retto, ci suggerisce l’idea della perfezione ma, allo stesso tempo, anche un tracciato rigido, indefettibile, un obbligo, un dovere e quindi la rettitudine. Il suo sapiente uso ci permette di controllare il taglio della pietra affinché possa essere perfettamente squadrata e levigata. Un’altra considerazione ci viene ancora suggerita dal fatto che, essendo formata da due bracci rettangolari, possiamo allora considerarla come la riunione dell’orizzontale e della verticale, cioè della Terra e del Cielo. È bene ricordare che la squadra del Venerabile è considerata come l’unione o la sintesi della livella e della perpendicolare. Anche per quanto riguarda il COMPASSO valgono le premesse fatte per la Squadra, e cioè che anch’esso debba considerarsi un simbolo universale. E non solo nelle varie tradizioni dei popoli, ma anche nell’ambito della stessa Tradizione. Infatti varie confraternite artigianali portavano il simbolo del compasso, e solo a poche corporazioni di mestiere, quelle dei calzolai, dei fornai e dei macellai, ne era interdetto l’uso. «Poi cominciò. Colui che volse il sesto (compasso, ndr) / all’estremo del mondo, e dentro ad esso / distinse tanto occulto e manifesto, / non poté suo valor sì fare impresso / in tutto l’universo, che il suo verbo / non rimanesse in infinito eccesso…». (Dante) Così Dante canta il Grande Architetto dell’Universo e gli pone nelle mani il sesto: il Compasso. Balza subito agli occhi la diversa caratteristica rispetto allo strumento precedente: quella della Squadra è fissità, mentre il Compasso ha la caratteristica della mobilità dell’apertura. Possiamo così considerare la squadra passiva mentre il compasso è attivo.

«… significa per se stesso quasi sempre misura, perché è il più comodo istrumento che sia in uso per misurar le cose, per non avere in sé segni o termini fissi, per potersi adattare a tutti i segni e termini ai quali si stende con le sue punte… significa ancora il compasso infinità, e perché il suo moto in circolo non ha termine, e perché ad infiniti termini si può adattare, e perché operando sta insieme in quiete ed in moto, è uno e non è uno, congiunto e disgiunto, acuto ed ottuso, acuto dove si disgiunge, ottuso dove si unisce… Questa definizione spiega le molteplici applicazioni del Compasso come simbolo di misura, ragione, regola, proporzione, ordine, metodo… pratica (con le punte in basso) teorica (con le punte in alto) parsimonia, prudenza…» (anonimo) Il Compasso diviene quindi simbolo di attività creativa, di genio, di volontà e capacità, emblema di tutto ciò che rimanda al senso della misura. L’unico modo per verificare lo stato dell’arte – nel nostro lavoro – è quello di impugnare Squadra e Compasso per individuare se l’opera è frutto di un sistema coerente.

Pensiero conclusivo

Dopo questa superficialissima e assolutamente non esaustiva disamina del simbolismo degli attrezzi del Libero Muratore, sarebbe utile (e non solo) esaminarli con altro spirito, con altri punti di vista. Si potrebbe esaminarli dalla visuale del loro essere attivi, neutri o passivi nell’uso; esaminarli dualmente, a coppie; o ancora, a seconda del grado massonico a loro inerente. Oppure, inquadrati nelle tre categorie canoniche: di tracciato e controllo, di lavorazione e di posa. Invitiamo pertanto l’attento lettore ad approfondire queste tematiche. Dal canto nostro, potremmo solo aggiungere che il miglior modo di trarre profitto da questi simboliattrezzi è quello di usarli…