La pluralità dei nostri rituali

Questo breve scritto non vuole ripercorrere i molteplici Riti e Sistemi massonici applicati sotto l’egida della Gran Loggia Svizzera Alpina. Rimando il lettore e lo studioso della massoneria al volume redatto dal Gruppo di Ricerca Alpina intitolato “Manuale della Massoneria”, attualmente in fase di revisione.

A. G., V.M.i.C. della RL Veritas Locarno

Annoto però che all’inizio del volumetto distribuito al Neofita dopo la sua Iniziazione vi è contenuta la seguente informazione: «I Rituali della GLSA non sono per nulla uniformi e provengono da diverse correnti spiritualistiche. Sono caratterizzati da un’evoluzione storica secolare. In effetti le Logge della GLSA praticano vari Riti, l’uno differente dall’altro. Nonostante la loro diversità mantengono alla base un’idea comune e inalterabile nel tempo. Tra i principali Riti vi sono questi: il Rito Scozzese Antico ed Accettato (RSAA), il Rito Scozzese Rettificato (RSR), il Rito di Emulazione, il Rito di Memphis Misraim, il Rito di Schroeder e il Rito Francese»1.

Aderente alla storia delle riforme costituzionali proclamate nel nome della libertà, anche la massoneria elvetica è fortemente depositaria di fattori che sembrano apparentemente antagonisti – ma che sono in realtà complementari – quali la centralità dello Stato e l’autonomia dei Cantoni; per analogia, questi due fattori si traducono nell’applicazione massonica come, da una parte, la Sovranità della Gran Loggia Svizzera Alpina e, nel contempo, l’autonomia e la libertà d’azione concessa alle singole Officine a condizione però che queste non siano in disaccordo con la Costituzione. Non vi è quindi da stupirsi – ma è semmai un elemento di cui essere particolarmente orgogliosi e fieri – se nell’incipit del libretto dell’Apprendista gli autori hanno ritenuto necessario fare subito chiarezza sul concetto di pluralità dei rituali e, tramite esso, condurre mentalmente il Neofita alla comprensione di quanto possa essere arricchente il concetto di un’idea comune ed inalterabile nel tempo, anche se praticata in modo diverso e non uniforme.

Rituali, tutti diversi ma tutti uguali

Un esempio illustrativo di quanto un’idea comune ed originaria possa essere sempre ritrovata (ma anche solamente intuita) in una molteplicità di altri contesti, ci è proprio fornito dallo studio delle origini delle parole. Per entrare subito nel merito dell’argomento in questione, il termine stesso di “rito” deriva dalla radice sanscrita RTA e significa «ciò che è conforme ad un modello; un atto o un’azione ordinata in relazione ad un paradigma». Il sintagma RTA significa quindi connessione, contatto con un mondo invisibile e sacro che tutto determina. Questo è il suo significato esoterico e spirituale, prospettiva che verrà ripresa in un secondo momento del presente articolo.

Ma non è tutto. Se, per curiosità, inseriamo il termine “rito” in uno dei tanti traduttori disponibili sul mercato e ne cerchiamo la traduzione in altri idiomi, notiamo ben presto che tale radice è sempre riconoscibile, anche nelle lingue a noi più lontane. Non soltanto è presente, seppur con qualche variazione, nelle lingue indoeuropee, ma la ritroviamo infatti con molta facilità anche in aree linguistiche alle quali queste ultime non appartengono. Si pensi ad esempio alla radice ugro-finnica, per noi tanto distante ed incomprensibile, la quale traduce il termine “rito” con i facilmente identificabili termini “ritti” o “ritus”. Vi e’ qualcosa che lascia intuire una regola linguistico semantica ben nota: più il termine antico è portatore di significato, più permane nel tempo e conserva la sua pregnanza, adattandosi a contingenze e pressioni che non ne snaturano mai il senso originario, par giungere persino ad insediarsi in una sorta di DNA collettivo che rende la parola imperitura ed indissociabile dal suo significato primordiale. La Parola è già lì per essere ascoltata con tutti i nostri canali sensoriali aperti; non va interrogata poiché “Essa” parla da sé, essendo il suo significante già un significato. Se si ascolta la Parola, insomma, già si sa a cosa essa si riferisce in quanto i caratteri e le peculiarità della tradizione permangono nel substrato psicologico e culturale, nell’immaginario, nei sogni e costituiscono dei modelli perfettamente attivi ed operanti. La parola della tradizione assomiglia molto al magma pre-sente nel centro della terra ed al vulcano che, al suo risveglio, lo rivela mostrandone forza, intensità e meraviglia.

Così come la Parola antica sopravvive ed è sempre presente, seppur nelle differenze, anche i Rituali – sia quelli che traggono origine da spiritualità diverse, sia quelli modificati nel tempo – sono depositari della Tradizione antica e nulla tolgono al senso di sacralità che da essi viene emanato, ma permettono semmai di ritrovare – nella diversità – tutti quei punti di riferimento che hanno come scopo quello di riunire le persone che vi assistono, non di disgiungerle. In tal senso non vi sono rituali giusti e/o sbagliati poiché esso é pura magia intesa come prassi che dà accesso alla sacralità. La magia del Rituale è tale in quanto permette di vivificare la profonda Unione tra gli Uomini in un contesto che va al di là delle dimensioni spazio-temporali della vita profana e che produce l’estasi di un presente che perdura; un presente che è Eternità, il «nunc stans» che si contrappone al «nunc fluens» – per dirla con Sant’Agostino – ovvero un presente che non genera né ansia verso il futuro né sensi di colpa verso il passato, bensì un tempo attonito ed uno spazio sacro che produce benessere, bellezza e stupore. Il rituale permette di vivere il presente della Tradizione, apre i nostri sensi e ci permette di gioire nella nostra interiorità; è un momento che non conosce né passato né futuro, né ieri né domani: un momento senza tempo, ovvero il presente del momento Eterno, ciò che conduce il filosofo Wittgenstein a sostenere che «la vita eterna appartiene a coloro i quali vivono nel presente». Questi sono elementi che ci avvicinano al G.A.D.U. ed alla Costruzione Universale che, da Massoni, andiamo perseguendo dall’alba dei tempi. Attraverso i nostri Rituali, lasciamoci dunque inebriare dal presente e scopriremo così il senso delle cose che non mutano, così come il presente sta al passato ed al futuro, il piccolo sta nel grande ed il punto sta alla circonferenza.

Rito e senso

Ho affermato pocanzi che Rito significa«ciò che è conforme ad un modello; un atto o un’azione ordinata in relazione ad un paradigma». Ciò induce a considerare il rito come uno sfondo che unifica e che permette ai partecipanti, stretti nella fratellanza, di vivere oggi le stesse ed immutate emozioni vissute sin dall’inizio elungo il corso della storia dell’Ordine. Esso permette di essere “qui”, ma anche “altrove”, ovvero all’interno di una dimensione storica che annulla il tempo che trascorre (nunc fluens si trasforma in nunc stans) e che, come in un incantesimo, rende manifesti ed attuali i vissuti di un’epoca lontana. Il rito permette così al passato di essere presente ed al “paradigma o modello” di vivificarsi, descrivendo così il filo sottile che li attraversa e, nel contempo, li proietta nel futuro. Per sua stessa natura, il rito agisce come se preesistesse al significato stesso delle cose e delle parole, così come il bambino appena nato prepara il linguaggio cheapparirà solo più tardi caricandosi di emozioni, esperienze, tracce mnesiche che lasciano un solco nella sua mente e restano indelebili, fungendo così da substrato alla prima parola che, presto o tardi, verrà pronunciata.

Ma qual è il «paradigma» a cui si riferisce la definizione citata?

Il Tempio massonico, nella sua strutturazione, è inizialmente uno spazio neutro. Diventa spazio sacro all’apertura dei Lavori Massonici in virtù dell’esposizione del Quadro di Loggia, dell’accensione dei 3 pilastri, dell’apertura del Libro Sacro e della composizione Squadra e Compasso, gesti che creano le condizioni affinché l’unità dei cuori, la riflessione, il pensiero ed il raccoglimento si compiano. Pertanto, tutti i decori e tutti gli oggetti presenti all’interno del Tempio assumono tutta la loro forza simbolica solo quandolo spazio è divenuto Sacro. Per citare un esempio, il concetto stesso di “Carità” inteso come dono o elemosina si eleva, all’interno del Rituale, al significato di Amore Universale. Solo allora e solo nello Spazio Sacro si ha accesso allo stato mentale che pone i fratelli nella condizione di far vivere dentro di sé le Tradizioni, siano esse culturali, spirituali o religiose che costituiscono gli insegnamenti più belli che sono stati consegnati all’Umanità sin dalla notte dei tempi. “La Massoneria – si legge nel libretto dell’Apprendista – è un insieme di insegnamenti relativi alla morale, presentati e spiegati sotto forma di simboli ed allegorie”. Oltre a questo, Massoneria è anche e, forse, soprattutto un centro Iniziatico sparso nel mondo che opera nella direzione di mantenere vivo il ricordo della tradizione antica e per mostrare agli Uomini di buona volontà che esiste un’altra vita, quella dell’interiorità e della autenticità. Grazie ai suoi antichi rituali ed al metodo introspettivo in essa praticato, la Massoneria agisce come regolatore di una Società che, sempre di più, manifesta invece la tendenza ad allontanarsi da ciò che è Sacro, stende un oscuro velo sul mondo del “sensibile” e del “divino”, toglie la speranza e semina la paura2. Il Tempio massonico ed il rituale che in esso si compie, in virtù dell’isomorfismo di un macrocosmo che si riverbera nel microcosmo, è invece un sapiente ri-equilibratore di tutte quelle energie negative che mirano ad occultare la Verità, opponendo ad esse elementi fondanti quali l’esercizio della Morale, della Giustizia e della Tolleranza. Il Tempio non ha muri, ma è descritto simbolicamente attraverso una Catena Universale di Fratelli che operano per togliere quel “velo oscuro” e per ricercare la Verità nello splendore di una vita nuova, costituita da valori inestinguibili ed imprescindibili che si ritrovano nelle antiche tradizioni, nell’arte e nella saggezza dei filosofi.

Questo é il modello o paradigma a cui si riferisce la definizione di “rituale”; l’azione ordinata, la scrupolosità dei gesti e anche la ripetitività di cui sono impregnati i nostri rituali non sono altro che i mezzi attraverso i quali si concretizza la connessione tra la terra ed il cielo, rivelando così l’immanenza del Sacro. Se eseguito con scrupolosità, il Rituale rivela qualcosa di ancora “più profondo” delle parole che lo compongono, trattandosi di una narrazione allegorica che ha la funzione di rendere attiva, dentro di noi, lamatrice stessa del Rituale Originario. Lo sgrossamento della Pietra Grezza, in fondo, è la metafora del “saper andare oltre le forme”, togliendo quanto di superfluo ci è offerto da queste ultime, per poi giungere al Cuore del pensiero Iniziatico e vivere la vita autentica con gioia e consapevolezza. Per sua stessa natura, al di là delle provenienze e dei ritocchi operati nel corso della storia, il Rituale delimita quindi uno Spazio Sacro che rende possibile il lavoro interiore e l’introspezione in modo tale che la Tradizione possa essere mantenuta e tramandata nel tempo. Questa, a mio umile avviso, è la prospettiva in cui il Frammassone deve porsi per chiarire, soprattutto a se stesso, il senso intrinseco del rituale.

Armonia, struttura e coerenza

Si è detto che il Rituale, malgrado le forme e le trasformazioni che esso subisce nel corso della storia, cela dentro di sé qualcosa di più profondo che va al di là delle parole in esso contenute. E’ però anche vero che, affinché esso si disveli o possa liberare la sua stessa matrice originaria, è necessario ed imprescindibile che non venga snaturato a tal punto da renderlo inoperante o addirittura nullo dal profilo esoterico. In tal senso é interessante ripercorrere le pagine del Quaderno nro 8 pubblicato nel 1998 dalla R.L. Brenno Bertoni di Lugano dedicato al “Rito di Schröder”, in particolare laddove, riferendosi alle Rispettabili Logge di Amburgo, esprimeva tutta il suo dissenso in merito allo stravolgimento di un rituale, originariamente inglese, praticato da queste ultime. In alcune lettere citate nel testo, Schröder muove parole di zolfo contro l’influenza di Riti cavallereschi dell’epoca, come l’Ordine della Stretta Osservanza o gli Illuminati di Baviera, i quali, compenetrati nella massoneria azzurra, ne avevano stravolto i rituali, essendo le Logge “permeate dal misticismo, dall’alchimia, dal rosa crocianesimo e dagli Illuminati, i cui lavori erano svolti in modo dilettantesco” (pg.87, op cit). Infatti, Ordine della Stretta Osservanza e Illuminati di Baviera, congiuntamente alle continue infiltrazioni di massoni francesi fra le colonne delle logge amburghesi, condussero molti Fratelli tedeschi, vezzeggiati dall’idea di divenire “eccellentissimi Cavalieri Templari” a modificare alcune importanti Tradizioni e, soprattutto, a modificare platealmente i rituali, originariamente ispirati alla tradizione inglese, inzuppandoli di stravaganze di ogni genere. F.L. Schröder, profondamente devoto alle tradizioni, reagì con forza a tale situazione in quanto concepiva la Massoneria come un’educazione alla Vera Moralità, ritenendo che il ritorno alla purezza del Rituale Antico costituisse la chiave d’accesso per la sua realizzazione. Egli era infatti convinto che «i Tre Distinti Colpi»3 fosse non solo autentico ma addirittura il rituale più antico ed il più affidabile, basando quasi tutto il suo lavoro di riforma su questo testo.

Questo breve lacerto di storia della Massoneria sta ad indicarci quanto temeraria possa essere l’azione di modifiche dei rituali che nulla hanno a che vedere con le loro stesse origini, considerando soprattutto che, all’origine, gli autori avevano pensato con profondità d’animo ad una struttura e ad un’armonia che doveva fungere da “paradigma” e, per il suo tramite, costituire la base stessa dell’immanenza della sacralità. Per coerenza, dunque, apportare modifiche strutturali al rituale (si tratta, in generale, di consuetudini di Loggia che vengono man mano inserite), oltre che essere ingannevole e controproducente ai sensi dell’istruzione di Loggia, sarebbe un atto analogo a quello di dipingere barba e baffi alla Venere del Botticelli! Meglio sarebbe riscoprire le origini del Rituale, capirle a fondo ed interiorizzarne i contenuti.

La recita «a memoria» o “par Coeur”?

Nella Massoneria inglese, scozzese ed irlandese, soprattutto nelle Logge più antiche, é a tutt’oggi in uso la recitazione a memoria del rituale e, reciprocamente, viene vissuta come una forma di degenerazione la lettura diretta del testo. Se è vero che la perfetta recitazione delrituale crea un’atmosfera particolare e magica, è altrettanto comprensibile che non tutti i fratelli hanno l’abilità, la costanza e, soprattutto nella nostra modernità, il tempo di dedicarsi a tale studio. Ciò detto, ritengo altresì fondamentale che la lettura del testo venga eseguita con cura, precisione ed ispirazione poetica, elementi questi che presuppongono una conoscenza approfondita del Rituale stesso ed un’interiorizzazione dei contenuti da parte degli Ufficiali di Loggia. In questo ambito non è mai inutile insistere sull’istruzione e ribadire l’importanza dello studio approfondito dei rituali, della loro storia, dei simboli e quant’altro costituisce il patrimonio della Massoneria.

Non va dimenticato, per concludere, che la narrazione “par coeur” può essere sostituita da una lettura eseguita “avec le Coeur” poiché anch’essa è suscettibile di creare, nello Spazio Sacro, quella magia e quella forma di stupore che costituiscono le chiavi d’accesso per entrare in contatto con il “paradigma” il quale, pur non avendo forma definita, non solo è sempre attivo ed operante, ma racchiude e custodisce in sé i significatipiù profondi dell’animo umano.