Il Tempo e noi

Il tempo è percettibile soltanto osservando ciò che passa, ciò che si muove o ciò che cambia

Non vi è mai capitato di occuparvi intensamente con il termine ’tempo’, quel concetto che nella vita pratica si manifesta ad ogni essere umano esercitando il proprio effetto? Inizia al mattino col suono della sveglia – accompagna i nostri programmi quotidiani, le scadenze, gli appuntamenti, gli orari dei pasti – fino al momento di coricarci, dopo aver consultato un’ultima volta l’orologio. Quando consideriamo il corso degli anni, i tempi buoni e quelli difficili, i tempi dell’infanzia e della gioventù, l’età scolastica, la vita professionale, le tappe della vita, il tempo della nascita, del vivere e del morire, allora ci accorgiamo che si tratta di momenti che inevitabilmente nella vita si presentano – tutti momenti che ci incutono speranze, piaceri e timori.

W. B. (Revista massonica svizzera giugno/luglio 2004)

Senza dubbio ciò che maggiormente ci assilla è il tempo. Sovente uno squillo di campanello ci invita ad essere presenti. Da prima della nascita fino alla morte, durante tutto questo lungo lasso di tempo, l’orologio batte – ininterrottamente. Il veloce scorrere dei giorni, mesi e anni, quasi inosservato durante la giovinezza, viene per contro misurato con apprensione negli anni maturi. Sempre ci appare dinnanzi, il tempo, qualche volta gentile, altre volte minaccioso, esortante, oppure pronto a castigarci. A dipendenza del nostro umore, il tempo passa troppo lentamente o troppo in fretta. È sempre presente, nel passare delle stagioni, dei giorni e delle notti, durante le faccende della vita, incessantemente presente, ritmicamente incalzante.

Il tempo è percettibile soltanto osservando ciò che passa, ciò che si muove o ciò che cambia. Misuriamo il tempo col muoversi e il passare degli eventi. Riescono a comprendere il concetto di tempo soltanto quegli esseri i quali sanno osservare i mutamenti che avvengono nel mondo visibile, che li sanno misurare e che ne sanno trarre conclusioni logiche riguardanti il passato e il futuro. Per raggiungere la percezione del tempo vi sono tre premesse: il dono della conoscenza, nel senso del conoscere sé stessi e l’insieme del mondo, poi la facoltà di osservare, misurare e registrare ed infine l’arte di combinare e calcolare. Il tempo non è scindibile dal movimento e dal divenire. L’uno non può esistere senza l’altro. Laddove non v’è movimento, e quindi non viene percepito il tempo, il tempo non c’è. La percezione del tempo è parte integrante della ragione umana. Le piante e gli animali poco sviluppati percepiscono, in modo statico, soltanto l’attimo presente. Il loro benessere o malessere, la loro morte o sopravvivenza dipendono unicamente dall’ambiente che li circonda. Animali più evoluti dispongono invece di una facoltà limitata di memorizzare delle esperienze e di qualche capacità di usare attrezzi per il proprio agire nel presente e nell’immediato futuro. Ma solo l’uomo, quello maturo, dispone di un effettivo senso del tempo, sia riguardante il passato sia in merito al divenire futuro, e il dono di effettuarne le relative misurazioni. Lo sviluppo della ragione è in stretta correlazione con la capacità di percepire il tempo, ossia con la facoltà di collocare in senso di tempo i movimenti e i cambiamenti. Questa facoltà è la condizione essenziale per poter percepire gli eventi in genere. Evolvendo in questo senso, l’assenza di tempo diverrà inimmaginabile.

L’uomo riesce a ricordare ciò che già è avvenuto. Ma riesce anche ad immaginare il futuro usando la sua fantasia e la sua capacità di fare previsioni in base alla memoria del passato. Si può tranquillamente affermare che la facoltà di memorizzare e prevedere costituisca l’essenza dell’intelligenza. Si tratta della facoltà dell’essere umano di convivere col tempo, di utilizzarne il passato e il futuro come insegnamento per l’agire nel presente, facoltà che forma il vero uomo.

Senso del tempo e linguaggio

Non furono né l’uso di primitivi utensili né i primi fuochi d’un milione d’anni fa a contrassegnare l’inizio dell’umanità, bensì il primo senso del tempo documentabile, risalente a quell’epoca, che, con visione futuristica, fece inventare utensili in grado di costruire altri attrezzi. Si tratta dei tempi in cui venne realizzato l’utensile più stupefacente di tutta la storia, ossia il linguaggio umano. Fu questa scoperta che mise i loro utenti in modo effettivo in contatto col tempo. Le parole non servono soltanto per comunicare. Sono le forze motrici che proiettano le esperienze, avanti nel tempo.

Definire con parole un oggetto o un’azione significa rendere attuale ciò che proviene dal passato o dal futuro. Grazie alla parola l’uomo è riuscito a riflettere sulle comunicazioni orali del passato e preparare il futuro con migliore esattezza. Fu in grado di trasmettere ai figli le proprie esperienze, insegnando loro il modo di comportarsi e proteggersi dai pericoli. Quanto appreso poteva essere trasmesso, il passato al presente, progettando il futuro. Parallelamente al linguaggio parlato, scopriamo l’impegno dell’uomo primordiale ad esprimere le proprie conoscenze e i propri sentimenti con segni. Ha avuto così inizio la scrittura, segno tangibile delle diverse culture. Anche la scrittura rappresenta un caposaldo nell’evoluzione della percezione del tempo. La memoria, non sempre infallibile, ha favorito l’evoluzione verso il futuro. Ma fu la scrittura, una sorta di memoria artificiale, che ha permesso all’uomo di fare le prime annotazioni precise e di ricordare le esperienze e i pensieri di chi era già da lungo tempo defunto. Venne così ovviato agli errori delle trasmissioni verbali. L’uomo riuscì sempre meglio a comprendere le cause e gli effetti degli innumerevoli fenomeni di mutamento e movimento, di inserirli in un ordine di tempo e di relazione. La sua memoria gli permise di registrare sempre nuove esperienze. Il passato non rappresentava più un tempo perso. Osservazioni provenienti da generazioni passate, potevano essere riutilizzate. Una scoperta ulteriore riguardante il tempo fu quella della distinzione tra tempo come periodo e tempo come momento. Il primo è un concetto di durata, il secondo un preciso momento nel tempo. Se si chiede quanto dura un lavoro, si intende un periodo di tempo. Se si chiede quando ha inizio uno spettacolo, allora si intende il momento. Gli uomini impararono a sviluppare delle terminologie, ossia a definire delle particolari azioni all’interno di un concetto maggiore. Il risultato della misurazione di un percorso ci appare come tempo. Abbandonando però il movimento dal concetto tempo, costatiamo che tutto ciò che avviene nel mondo e nel cosmo si svolge con intervalli, ritmi e onde regolari. Ciò vale per ogni processo, dall’atomo fino agli estremi confini dell’universo. Ogni particella o organismo di qualsivoglia esistenza si inserisce con la propria frequenza d’onde in quella della sua struttura portante. Ma tornando al nostro umano concetto di tempo costatiamo che ogni singola onda può essere interpretata come movimento o, uguale all’orologio, come contatore di tempo del suo ambiente vicino o lontano. Tutti gli esseri viventi, risalenti a milioni di anni fa, comprese le cellule, dispongono di naturali misuratori di tempo (cronometri) che permettono loro l’inserimento nel proprio ambiente vitale.

Quantificare il tempo

L’uomo, dotato di ragione, capace di percepire i movimenti e il tempo, doveva ora creare un relativo sistema di misurazione artificiale per il proprio lavoro e le sue diverse attività. I primi riferimenti per la suddivisione del tempo erano sicuramente il susseguirsi dei giorni e delle notti, il corso del sole e della luna, ma anche i movimenti delle stelle. Per la suddivisione del giorno serviva la posizione del sole, rispettivamente dell’ombra. Di notte l’ora veniva indicata dalle stelle.

Scrivendo e annotando le proprie osservazioni, l’uomo creò metodi per la misurazione del tempo. Il calendario ad esempio aiutò gli uomini a meglio organizzare le proprie attività durante il corso delle stagioni e a collaborare con gente separata da grandi distanze. L’invenzione dell’orologio, che non contava più i giorni e i mesi, ma le ore, i minuti e i secondi, permise infine all’uomo di svolgere con precisione ancora superiore le proprie attività in una società sempre più complessa. Quando poi, nei tempi attuali, vennero costruiti orologi in grado di misurare milionesimi di secondo, questi entrarono a far parte della complessa tecnologia, al servizio della moderna civilizzazione. La misurazione del tempo, ormai a portata di mano di tutta la popolazione, è entrata al servizio delle scienze naturali che ne sono anche le promotrici. Sia i calendari sia gli orologi basano su osservazioni astronomiche. Le ricerche del filosofo naturalista e astronomo italiano Il calendario ad esempio aiutò gli uomini a meglio organizzare le proprie attività durante il corso delle stagioni e a collaborare con gente separata da grandi distanze. L’invenzione dell’orologio, che non contava più i giorni e i mesi, ma le ore, i minuti e i secondi, permise infine all’uomo di svolgere con precisione ancora superiore le proprie attività in una società sempre più complessa. Quando poi, nei tempi attuali, vennero costruiti orologi in grado di misurare milionesimi di secondo, questi entrarono a far parte della complessa tecnologia, al servizio della moderna civilizzazione.

La misurazione del tempo, ormai a portata di mano di tutta la popolazione, è entrata al servizio delle scienze naturali che ne sono anche le promotrici. Sia i calendari sia gli orologi basano su osservazioni astronomiche. Le ricerche del filosofo naturalista e astronomo italiano Galileo Galilei (1564-1642), riguardanti le oscillazioni del pendolo, hanno aperto un nuovo capitolo dell’orologeria. I più moderni e precisi orologi si servono delle vibrazioni dell’atomo, scoperte negli ultimi 50 anni. Molte conoscenze scientifiche sono state invece raggiunte proprio grazie alla misurazione del tempo. Orologi relativamente semplici permisero a Galileo Galilei (1564-1642), riguardanti le oscillazioni del pendolo, hanno aperto un nuovo capitolo dell’orologeria. I più moderni e precisi orologi si servono delle vibrazioni dell’atomo, scoperte negli ultimi 50 anni. Molte conoscenze scientifiche sono state invece raggiunte proprio grazie alla misurazione del tempo. Orologi relativamente semplici permisero a Galileo Galilei e ai sui successori di scoprire le leggi dei movimenti, ossia le fondamenta della moderna fisica. Orologi più precisi servirono poi a spiegare i misteri della massa e dell’energia. Hanno inoltre permesso di scoprire mutamenti all’interno della terra. Altri orologi, indicanti non i secondi ma i secoli e i millenni, hanno servito alla scienza per stabilire l’era in cui hanno esistito nel passato uomini, animali o piante, ma anche per misurare il tempo di percorrenza della terra attorno al sole e la durata del percorso che il sole compie nella nostra galassia, la Via Lattea.

In ogni epoca ricercatori e filosofi si sono occupati del fenomeno tempo. Tutti sono concordi sulla relazione intercambiabile di movimentotempo, il percorso misurato nel tempo e il tempo misurato nel percorso. Già Platone e Aristotele sostenevano questo concetto, manifestatosi valido oltre al medioevo fino ai giorni nostri.

Galileo ha poi completato il concetto movimento- tempo aggiungendovi un terzo elemento, ossia la forza dell’accelerazione, considerando elementi relativi sia il movimento sia l’accelerazione, ma assoluto il tempo. Isac Newton (1643-1727), per contro, riprendendo l’argomento, ritenne l’accelerazione elemento assoluto, mentre definiva relativi i concetti di movimento e di tempo. Un esempio significativo: noi tutti, o quasi, abbiamo sicuramente assistito alla partenza di un treno mentre eravamo seduti in un secondo convoglio che stava fermo. Per un istante ci siamo chiesti se è il nostro treno o l’altro che si muove – fino a quando lo sguardo è passato al finestrino opposto. Abbiamo allora costatato che il nostro treno, rispetto alla stazione, era fermo, mentre l’altro si muoveva. Supponiamo ora che il nostro treno viaggi a velocità costante lungo una retta. Basterà uno sguardo dalla finestra per percepire che il treno si muove. Ma se guardassimo noi stessi esso risulterebbe fermo. Se ci mettessimo poi in piedi nel corridoio centrale, dovremmo fare attenzione alle accelerazioni, alle frenate e ai cambiamenti di direzione. La velocità e il tempo sono dunque visibilmente relativi. Unicamente l’accelerazione è assoluta e influisce direttamente su di noi.

Il tempo è relativo

Albert Einstein (1879-1955) ha dimostrato la teoria della relatività generalizzata. Egli ha dichiarato come costante unica e assoluta dell’universo la velocità della luce (circa 300’000 km al secondo), basandosi sul fatto che le onde luminose attraversano ogni spazio, libero da materia o interferenze, senza alcuna perdita di tempo, mentre tutti i movimenti, tutte le accelerazioni e tutte le manifestazioni di tempo sono relativi tra loro, ma anche nei confronti della velocità della luce. Ogni risultato, dato dalla misurazione di movimento, accelerazione o tempo è relativo e dipende dalla posizione d’osservazione. Secondo la teoria della relatività si può concludere: ogni oggetto ubicato nel mondo o nel cosmo si trova in movimento. Ogni movimento appare come tempo che passa. Se due oggetti si muovono alla stessa velocità, i loro tempi di percorrenza, visto reciprocamente, appaiono uguali. Se la loro velocità è diversa, quello più lento ha la sensazione che anche presso quello più veloce il tempo trascorra più lentamente e viceversa.

Un esempio: un astronauta saluta il suo bambino appena nato e parte per un volo di cinque anni attraverso l’universo ad una velocità pari a 1/3 di quella della luce. Il suo orologio, rispetto alla terra, sarà più lento. Al suo rientro, esattamente dopo cinque anni, troverà suo figlio quindicenne frequentare la scuola media. A prima vista può sembrare una ricetta per allungare la vita, visto che l’astronauta in quindici dei nostri anni è invecchiato soltanto di cinque. Rispetto alla sua famiglia, rimasta sulla terra, effettivamente la sua vita sarebbe più lunga, ma non relativamente a sé stesso. Infatti il suo corpo e la sua mente invecchierebbe, secondo la sua percezione, in modo del tutto normale.

Se oggigiorno si fa della filosofia sul tempo, si cita sempre Einstein: tempo-spazio = quarta dimensione. Può sembrare difficile e misterioso; ma Einstein alla terza dimensione, quella dello spazio, ha semplicemente aggiunto il movimento. Uno spazio in movimento percorre nel tempo un certo spazio superiore. Se si aggiungono movimenti supplementari, si creano, in ugual misura, spazi superiori. A differenza della terza dimensione, in cui lunghezza, larghezza e altezza sono in relazione perfetta, nelle dimensioni superiori la relazione tra lo spazio, il movimento, l’accelerazione e il tempo è relativa.

Per principio vorrei qui affermare che i risultati delle scienze naturali non sono mai in grado di fornire risposte definitive riguardanti l’esistenza della vita. Scienza e filosofia sono materie del tutto diverse che neppure si sfiorano. La filosofia tratta argomenti al limite della ragione; probabilità e speculazione ne sono parte integrante. La scienza, da parte sua, si basa invece su risultati precisi che, in quanto a tempo e luogo, sono sempre relativamente giusti. Non può, come tale, dare risposte a quesiti esistenziali; essa può spiegare unicamente le effettive manifestazioni attuali. Può definire l’esistenza delle cose soltanto dal lato strutturale.

All’uomo che cerca resta dunque anche oggi uno spazio non indifferente per riflettere, combinare, speculare, cercare soluzioni mentali, criticare o condividere. Ciò vale particolarmente per il concetto TEMPO. Cos’è il tempo effettivamente? Sicuramente l’impressione di tempo può nascere soltanto nella consapevolezza di ogni singolo individuo, allorquando ciò che si muove nel mondo viene riconosciuto, osservato e memorizzato. Allora comprendiamo: IL TEMPO NON PASSA – SIAMO NOI CHE PASSIAMO. Passiamo vicino a noi stessi, come un film. E con noi, come una scena teatrale, passa il mondo. Che resta è unicamente l’impressione di ciò che è apparso durante il decorso del tempo e che nel futuro rimane come ricordo.

Cos’è il tempo? Il punto d’incrocio immaginario di due rette in continuo movimento. Il presente non è altro che un punto immaginario in movimento tra il passato e il futuro. Il passato non esiste, forse è esistito. Il futuro non c’è, forse verrà. Dunque neppure il presente, in quanto punto immaginario, non può effettivamente esistere.

Il tempo è NIENTE

Il tempo è soltanto un concetto, una manifestazione. Non possiede essenza ed è meno concepibile e reale dello spazio. Tempo e spazio nella nostra consapevolezza non sono altro che riverberi di un mondo surreale e di noi stessi. Così pensava sicuramente anche Lao-Tse, l’antico cinese, quando disse (liberamente tradotto):

«Trenta raggi s’incontrano al centro. Sul NIENTE, tra essi, poggia efficace la ruota. Impastando l’argilla si formano recipienti. L’utilità della brocca sta nel NIENTE del suo interno. Scavando la roccia si costruiscono case. La loro abitabilità sta nel NIENTE che è in loro. Dunque: ciò che esiste è utile – ma l’efficacia sta nel NIENTE.»

Ora però vogliamo abbandonare le teorie e volgere il nostro sguardo all’immagine del tempo che tutti conosciamo. Poco importa come l’uomo si atteggi nei confronti del tempo; per lui costituirà sempre il presente. Tutto il suo essere è immerso in questa inevitabile realtà; può ribellarsi, ma non le potrà mai sfuggire. Sicuramente la temporalità è un nostro bene; solo essa ci rende esseri umani. Senza di essa non sarebbe possibile alcuna crescita, alcun mutamento, alcuna evoluzione, sia in noi sia al di fuori del nostro essere.

L’atemporalità

Vi sono due possibilità di affrontare questo concetto; d’un lato in modo linguistico o popolare, dall’altro in modo scientifico-teorico. In senso linguistico atemporale è ciò che non dipende dal tempo, come ad esempio certe espressioni artistiche, religiose, culturali, linguistiche, comportamentali e d’abbigliamento. Questo aspetto dell’atemporalità è l’esatto contrario dei concetti moda, moderno, attuale, che si riferiscono ad un preciso momento o periodo di tempo, è, insomma, in opposizione con la frenesia della vita, con le esigenze del mondo economico-consumistico e con tutti i rapidi cambiamenti di un’umanità agitata. La consapevolezza dell’atemporalità aiuta a comprendere e correggere gli errori della mania di velocità. Un’arte atemporale, senza tempo e quindi sempre attuale, basa sulla crescita e su leggi naturali, su ritmi, forme e colori matematici. Due esempi: la scoperta dell’armonia musicale da parte di Pitagora e la ben nota Sezione aurea. In questo senso atemporale può essere inteso come duraturo nel tempo, per anni, decenni, secolo o addirittura per millenni. Ma questa atemporalità non è perfetta; si tratta soltanto del desiderio onirico di procrastinare o cambiare il tempo.

In senso scientifico-teorico, per contro, l’atemporalità non è pensabile. Ovunque guardiamo, nel mondo, nell’universo, dappertutto troviamo movimento, cambiamento, evoluzione. Il cosmo in continua espansione, un giorno, a causa di forze gravitazionali, invertirà il suo movimento e sicuramente creerà allora nuovi processi energetici e quindi un inevitabile moto perpetuo. Sono inoltre pensabili altri sistemi paralleli che si influenzano reciprocamente – forse infinitamente numerosi – con leggi e movimenti uguali, che da parte di esseri consapevoli non possono che essere concepiti come tempo. Dove c’è movimento, c’è tempo. E arriviamo così all’ultima domanda: il tempo è eterno? Ossia, il divenire universale ha una durata di tempo limitata o infinita? Di fronte a questi interrogativi non esistono risposte e finisce ogni prova. Rimane soltanto la fede o la non-fede. Ma forse anche la non-fede è fede, fede nell’altra possibilità.

Sovente desideriamo che gli eventi spiacevoli passino in fretta e che i momenti belli si fermino e rimangano nel presente. Il Fratello Wolfgang von Goethe, nel suo Faust, declamava: «O attimo, soffermati – sei tanto bello.»

Ma Goethe sapeva che una tale realtà sarebbe in totale contrasto con l’essenza stessa dell’uomo e del mondo. Gente povera e vuota di spirito, che non sa occuparsi di sé stessa, parla di scacciare o ammazzare il tempo; forse l’aspetto peggiore del nostro tema. Altri, avidi di denaro, dicono che il tempo è oro, dimenticando che così perdono il vero tempo, quello di vivere da esseri umani. Uno dei compiti più nobili e belli dell’uomo è il lavoro; va inserito nella sua vita, rispettivamente nel suo tempo. Il lavoro non deve procurare soltanto guadagni materiali, ma anche, grazie ai suoi risultati, creare momenti felici. Coloro che lavorano mentalmente, confidino nel loro proprio tempo, aspettando con pazienza l’ispirazione.

La percezione del tempo si manifesta in modo eloquente nel regno delle arti, segnatamente nella musica. Percepiamo un suono dopo l’altro, ma anche ritmi che si susseguono in tempi armonici o disarmonici. Ciò permette alla nostra sensibilità di misurare sia i movimenti dei suoni sia gli intervalli, e di distinguere la relazione tra i vari giochi delle risonanze. Esattamente il medesimo fenomeno accade nelle pittura e nelle arti plastiche. Un’opera non può essere vista, nella sua complessità, con un sol sguardo. L’occhio segue, ad intervalli di tempo, tutti i punti cosparsi nel suo spazio. Ne determina la loro posizione e la loro qualità, e li mette in relazione con le superfici ed i volumi. Se l’opera è composta da valori artistici validi, l’osservatore percepirà sentimenti di gioia o di tristezza. Vivere l’arte significa vivere il tempo, ma anche identificarsi con la natura, con il proprio «Io» e con il cosmo tutto.

Il tempo massonico

Noi Liberi Muratori conosciamo i nostri attrezzi. Oltre al compasso, alla squadra e allo scalpello abbiamo anche il regolo, l’importante simbolo dell’equilibrio interiore che ci insegna a scandire con saggezza il tempo, segnatamente quello dedicato al lavoro, al ristoro e al riposo. Il Massone inizia il suo lavoro a mezzogiorno quando il sole è alto in cielo. Il suo obiettivo è quello di costruire il Tempio dell’umanità. Quando brillano le tre luci della Saggezza, della Forza e della Bellezza, quando l’Apprendista lavora sulla pietra grezza, quando il Compagno inserisce nel muro del Tempio la sua pietra levigata o quando il Maestro traccia il suo primo cerchio, il cerchio eterno, il cui centro è dappertutto e la circonferenza in nessun luogo, allora, in questi momenti cosmici del nostro vivere, siamo pervasi da un potente senso di ASSENZA DI TEMPO e di totale felicità. Alleggeriti e liberi dal frastuono quotidiano, viviamo questo senso di pace e silenzio, contemplando i pensieri e le opere rappresentanti il vero, il bene e il bello. Il silenzio, per vivere il tempo, ha il ruolo più importante. Il tempo: probabilmente non esiste né un «al di qua» né un «al di là». Noi, con la nostra mortalità, ci muoviamo in un’eternità.