Elie Ducommun – un uomo politicamente corretto

La Massoneria Svizzera lo ricorda con immutata venerazione

È doveroso, a 100 anni dalla morte, ricordare Elie Ducommun (1833-1906), politico, Premio Nobel per la Pace e GM della GLSA. Sapere che questo uomo pragmatico, di massima elevatezza intellettuale e spirituale, è stato Massone, ci onora. Ecco un breve testo dell’Assokipling del 2002, per i 100 anni dall’assegnazione del premio Nobel.

C. F., Presidente di «Assokipling» e membro della Loggia «Rudyard Kipling» di Firenze (Revista massonica svizzera dicembre 2006)

È facile prendere un personaggio emblematico di una particolare situazione storica, come – nel nostro caso – la seconda metà dell’ottocento europeo, enuclearlo dal suo proprio contesto e realizzarne un compiuto oggetto di celebrazione. È sicuramente un’operazione lecita, efficace, perfino politicamente corretta. E vale sottolineare quanto Elie Ducommun si presti splendidamente a questo tipo di commemorazione individuale e «monumentale». Infatti, per quanto di non grande notorietà pubblica (ma quante altre personalità operanti nel campo dell’impegno civile nel tardo XIX secolo, eccettuati forse i nomi di Alfred Nobel e di Henry Dunant ci sono stati tramandati nella loro giusta e compiuta dimensione?) Ducommun raccoglie in se tutti gli elementi di una poliedrica e memorabile personalità: il lucido e brillante saggista-giornalista, l’attento ed acuto pensatore capace di contribuire, con le sue idee spesso innovative e controcorrente, a una migliore identificazione del nascente concetto di Europa Unita. Possiamo soffermarci sulla coerenza dell’uomo politico radicale che venne chiamato a coprire, per lungo tempo, l’importante carica di Cancelliere di Stato del Cantone di Ginevra oppure dell’attivissimo e pragmatico Gran Maestro della Gran Loggia Svizzera Alpina, continuatore di quella luminosa tradizione che aveva ormai da tempo posto i Liberi Muratori svizzeri in prima linea sul fronte della filantropia attiva, nel concreto e benemerito sforzo di attualizzare gli alti ideali dell’Istituzione massonica alla realtà circostante. E, ancora, possiamo effonderci su Elie Ducommun primo, storico, Segretario Generale dell’International Peace Bureau, il neonato Istituto erede, a sua volta, di quel largo e spesso confuso movimento avverso alla guerra che, attraverso l’opera di eccellenti personalità, aveva coinvolto la sensibilità dei popoli di tutte le Nazioni d’Europa, un uomo tanto impegnato nei temi della Pace da meritare il Premio Nobel del 1902. Tutto ciò non basterebbe a edificare una compiuta commemorazione. Anzi, a ben vedere, una sola sessione di studi si rivelerebbe persino insufficiente per esplorare e approfondire uno ad uno tutti gli aspetti che ho appena sunteggiato. Invece abbiamo ritenuto più giusto onorare sotto una diversa prospettiva la memoria dell’uomo che, in occasione della consegna del Premio Nobel per la Pace, aveva pronunciato un lungimirante discorso dal titolo: «L’inutilità delle guerre dimostrata dalla storia». Era il 1902, si era appena concluso un secolo straordinariamente litigioso che aveva segnato tutto il mondo occidentale di continui conflitti locali feroci e sanguinari, ma proprio quella storia chiamata a testimone della stupidità della guerra, si apriva verso un tempo di nuovi e di gran lunga più devastanti orrori. Così, in un oggi nel quale ancora non si riesce a rifiutare compiutamente il conflitto armato quale abominio e degradazione dell’intera umanità, abbiamo preferito elaborare una testimonianza più attiva attraverso una riflessione comune che vogliamo in sintonia con quegli importanti valori di libertà, eguaglianza e affratellamento dei popoli per cui Elie Ducommun si era battuto durante tutta la sua vita.