Carità – Beneficenza – Solidarietà

Regola massonica ad uso delle Logge riunite e rettificate – Wilhemsbad nel 1782.

V. B. – Signa hominis, Chiasso

Beneficenza

  1. Crea ad immagine di Dio che si è degnato di rivelarsi agli uomini e spargere su di loro la felicità; accostati a questo modello infinito con la volontà costante di versare incessantemente sugli altri uomini tutta la quantità di felicità che è in tuo potere; tutto ciò che lo spirito può concepire di bene è il patrimonio del Massone.
  2. Osserva la miseria impotente dell’infanzia, essa reclama il tuo appoggio; considera l’inesperienza funesta della gioventù, essa sollecita i tuoi consigli; poni la tua felicità a preservarla dagli errori e dalle seduzioni che la minacciano; eccita in lei le scintille del fuoco sacro del genio, aiutala a svilupparle per il bene del mondo.
  3. Ogni essere che soffre o geme ha dei sacri diritti su di te; guardati dal misconoscerli, non aspettare che il grido penetrante della miseria ti solleciti; previeni e rassicura lo sventurato timido; non avvelenare, con l’ostentazione dei tuoi doni, le fonti di acqua viva dove lo sfortunato deve dissetarsi; non cercare la ricompensa per la tua beneficenza nei vani applausi della moltitudine; il Massone la trova nella quieta approvazione della sua coscienza e nel sorriso fortificante della Divinità, sotto i cui occhi è sempre posto.
  4. Se la Provvidenza liberale ti ha accordato del superfluo, guardati dal farne un uso frivolo e criminale; essa volle che, con un impulso libero e spontaneo della tua anima generosa, tu rendessi meno sensibile la distribuzione ineguale dei beni, che era nei suoi piani; godi di questa bella prerogativa. Che mai l’avarizia, la più sordida delle passioni, avvilisca il tuo carattere, e che il tuo cuore si sottragga ai calcoli freddi ed aridi che suggerisce. Se mai dovesse inaridirsi al suo soffio tetro ed interessato, evita le nostre officine di carità; sarebbero prive di attrattive per te e non potremmo più riconoscere in te l’antica immagine della Divinità.
  5. Che la tua beneficenza sia illuminata dalla religione, dalla saggezza e dalla prudenza; il tuo cuore vorrebbe abbracciare i bisogni dell’umanità, ma il tuo spirito deve scegliere i più pressanti ed i più importanti. Istruisci, consiglia, proteggi, dona, dà sollievo a seconda dei casi; non ritenere mai di aver fatto abbastanza e non riposarti per le tue opere che per trarre nuove energie. Dedicandoti così agli slanci di questa sublime passione, una fonte inesauribile di gioie si prepara per te: avrai su questa terra l’anticipo della felicità celeste, la tua anima crescerà e tutti gli istanti della tua vita saranno riempiti.
  6. Quando infine senti i limiti della tua natura finita, e che non potendo essere sufficiente da solo a compiere il bene che vorresti fare, la tua anima si rattrista, vieni nei nostri templi; osserva l’insieme sacro dei benefici che ci unisce e concorrenti efficacemente, secondo tutte le tue facoltà, ai piani ed agli impieghi utili che l’associazione Massonica ti presenta e che realizza, rallegrati di essere cittadino di questo mondo migliore; assapora i dolci frutti delle nostre forze combinate e concentrate per uno stesso obiettivo; allora le tue risorse si moltiplicheranno, aiuterai a fare mille felici invece di uno ed i tuoi voti saranno coronati.

I secoli cambiano il senso della storia, gli anni il significato delle parole. Purtroppo i termini “carità e beneficenza” sono stati logorati da un uso secolare che ne ha ridotto e perfino mistificato il significato originario: spesso, quando parliamo di carità, pensiamo all’elemosina, “fare la carità” è l’equivalente di dare due spiccioli a un mendicante. Ecco, oggi la nostra elemosina – gesto di carità peraltro lodevole e la cui origine si perde nella notte dei tempi – rischia di rappresentare un gesto sostanzialmente inutile. Sono infatti cambiati i tempi, sono cambiati i poveri e sono mutate le loro esigenze, sono diversi i parametri di riferimento e numerose le azioni di contrasto alla povertà, anche se spesso insufficienti per problemi ambientali, politici e spesso religiosi (Somalia). Certo, in quei Paesi dove i servizi sociali sono inesistenti, dove nemmeno la Caritas è di casa e dove invece la povertà è estrema, l’elemosina è purtroppo ancora l’unico mezzo di sostentamento di vedove, orfani e di varia umanità rifiutata o esclusa dalla società. Ma personalmente, anche in questi sciagurati casi, purtroppo sempre presenti anche ai giorni nostri (vedansi Corno d’Africa), continuo a ritenere inadeguate, quasi irriguardose, semanticamente scorretto l’uso delle parole ‘’Carità’ e/o ‘’Elemosina

La solidarietà

La solidarietà non è un valore morale, diceva Pico del Contado, ma un sentire connaturato nell’uomo: la componente più importante dell’istinto sociale. Se gli uomini non fossero per natura solidali tra loro, sarebbe problematica la loro sopravvivenza, in niente potrebbero progredire, e nessun sistema sociale sarebbe possibile. Scriveva Aristotele ne l’Etica del cittadino: ‘’…gli uomini generosi sono amati quasi più di tutti quelli che sono amati per la virtù, perché sono benefici, e l’essere benefici consiste nel donare’’. E donare, aggiungo io, significa dare con il cuore per alleviare le sofferenze altrui, senza attendersi nessun ringraziamento, siamo noi che dobbiamo ringraziare l’Essere Supremo per

Averci dato la possibilità di fare ciò che facciamo. Al giorno d’oggi non ha senso parlare di un dovere astratto verso chi soffre, ma di un obbligo che nasce da un modo di sentire, capire, interpretare un mondo in continua evoluzione, un mondo che ha perso il senso dell’Etica, della Morale … e della Solidarietà. Mai come ora sentiamo che il mondo è uno, oggi che le immagini della sofferenza degli altri popoli attraversano distanze che un tempo erano infinite, non esistono più scuse alla sordità morale. Non possiamo più giustificare l’indifferenza di fronte alla sofferenza dicendo ‘’non ho visto’’, ‘’non ho udito’’, perché abbiamo visto e sentito.

Il Tronco della Vedova

MV – ‘’Fratelli, un lavoro massonico non è perfetto se non si tiene conto delle necessità di chi soffre nel corpo come nello spirito. Fratello Elemosiniere, fa passare il ‘’Tronco della Vedova’’ …’’ (Rituale Signa Hominis n°60) La ‘’Vedova’’, come tutti sanno, è la Massoneria, ma in molti documenti (attendibili), si parla anche di figlio della ‘’Vedova’’, quindi, domanda spontanea, chi è il ‘’figlio’’ tanto nominato?

La risposta ci obbliga a spingerci su un terreno piuttosto complicato:

‘’Ricca di contributi e culture, quali, per esempio, quella egizia, la Massoneria affonda le proprie radici più antiche nella storia biblica del Tempo di Salomone, narrata in due libri dell’Antico Testamento. Salomone aveva chiesto a Chiram, re di Tiro, del materiale per la costruzione del suo tempio e un architetto molto abile ne guidasse i lavori. Chiram gli aveva mandato un uomo noto per la sua abilità, anch’egli chiamato Chiram. E’ lui il figlio della vedova. Chiram, divenuto, almeno così si dice, Hiram Abiff per un errore di traduzione, era un uomo di grande talento, capace di lavorare oro, argento, bronzo, ferro, pietra e legno e anche di tessere stoffe pregevoli. Nella Bibbia scopriamo che portò a termine il suo compito così bene che non esistono parole per descrivere la bellezza del tempio, ornato d’oro e di ogni ricchezza, cui Salomone aggiunse il proprio inestimabile tesoro. Nella stanza più interna, il luogo più sacro, il re pose l’arca dell’Alleanza, in cui erano custodite le tavole dei Comandamenti che Mosè aveva ricevuto da Dio. All’entrata del tempio si trovavano due colonne di bronzo cave che Salomone battezzò Jachin e Boaz. Si narra che, molto tempo prima di Salomone, tale Enoch avesse costruito nove stanze sotterranee una sull’altra, l’ultima delle quali, quella più in alto, era stata ricavata nella pietra e chiusa da una botola speciale con un anello d’oro. Secoli dopo il tempio di Salomone era stato costruito proprio sopra le nove stanze. La leggenda massonica individua in Chiram re di Tiro, nel re Salomone e in Hiram Abiff tre maestri che custodivano conoscenze segrete. Hiram Abiff avrebbe nascosto i propri segreti in una o in entrambe le colonne cave del tempio (tipo quelle di Rosslyn in Scozia o quelle della chiesetta di Rennesle- Chateaux in Francia).

Quei misteri avevano fatto gola ad alcuni dei lavoratori del cantiere, ruffiani di basso rango, che così avevano deciso di rendere un agguato a Hiram Abiff, cercando di strapparglieli a suon di percosse. L’uomo non aveva ceduto e, prima di morire, aveva gridato: ‘’Oh, Dio, mio Signore, nessuno aiuta il figlio della vedova?’’. Tranne quest’ultima frase, il resto è storia nota a tutti noi…’’

(Fonte: Secrets of the Window’s Son di David A. Shugarts)