Politica e Massoneria
Mi soffermerò in questo testo essenzialmente su una questione: la Politica che, più di altri argomenti, implica ed impone un approccio cauto ed approfondito alla necessità di differenziare l’impegno politico da quello massonico. Questa Tavola, però, non potrà che rappresentare un umile stimolo alla riflessione.
D. C., già V.M.i.C. della Loggia «Brenno Bertoni», Lugano (Revista massonica svizzera ottobre 2009)
Come possiamo costatare, con il conferimento rituale dei vari gradi massonici, ci viene simbolicamente consegnata una serie di strumenti che, facendo nostri i significati simbolici che i Rituali vi hanno assegnato, possiamo utilizzare per la nostra crescita massonica e profana. Tanti sarebbero quindi i temi che si potrebbero sviluppare in una Tavola che vuole soffermarsi sull’utilizzo degli strumenti massonici nell’esperienza iniziatica, cercando di differenziarlo dall’utilizzo nella vita profana. L’importanza di ragionare su simili differenziazioni è un’opportunità che il Massone non deve perdere. L’averci consegnato degli strumenti di lavoro che, oltre ad avere una valenza simbolica importante nel nostro cammino massonico ed una connessione certa con la vita di tutti i giorni, non può lasciare indifferente il Massone che deve porsi la questione circa i rapporti e le differenze tra il lavoro massonico e la vita profana. Premesso che distinzioni precise e matematiche vanno scartate a priori, ci si dovrà comunque chiedere quali sono le frontiere che suddividono questi due aspetti che impregnano la vita di ognuno di noi; aspetti così profondamente diversi ma così intimamente collegati.
Per cercare di dare una risposta ad un simile interrogativo, si potrebbe prendere praticamente qualsiasi aspetto del pensiero massonico, giacché in Loggia non ci limitiamo a sostenere teoricamente dei valori, ma a lavorare affinché, concretamente, l’intera umanità ne possa godere. Ci si potrebbe interrogare ad esempio sulle connessioni o differenze tra il concetto di Fratellanza massonica e quello di fraternità civile, sulla Tolleranza massonica e la sbandierata tolleranza religiosa o sull’uguaglianza massonica e gli ordinamenti giuridici di uno stato che codificano l’uguaglianza e la parità di trattamento tra cittadini. Confondere questi concetti significherebbe snaturare la Massoneria dei suoi veri fini.
Morale e politica
Già nelle Costituzioni di James Anderson vi era un espresso divieto di parlare di politica nelle Logge. Storicamente, rifiutare la politica, separarla dalla morale, ricercare la virtù, significava per i Massoni anche e soprattutto poter esprimere un giudizio e poter dare un verdetto sul sistema politico che, al momento della nascita della Massoneria speculativa, era prevalentemente di tipo assolutistico. In tali circostanze, professare determinati valori significava, di conseguenza, prefigurare un nuovo modo di fare politica. Da qui la preoccupazione sul fronte massonico di mantenere, per quanto possibile, separate morale e politica. Tant’è che gli storici sono unanimi nel ritenere che uno dei motivi del perseverare con il segreto massonico era anche quello di mantenere la distinzione tra morale e politica, separando l’attività della Loggia dal mondo esterno e poter così esercitare, liberamente, il giudizio morale rispetto al mondo della politica. La storia ci insegna che il segreto massonico non è stato in grado di traghettare la Libera Muratoria nei secoli mantenendola estranea alla politica; anzi!
In particolare, durante il periodo dell’Illuminismo vi fu un irrompere della politica nelle Logge, ritenuto che i profondi cambiamenti politici e sociali, propri di quei tempi, trovarono stimolo e linfa nei valori massonici. Questo particolare cambiamento storico potrebbe, di primo acchito, sembrare coincidere con un periodo florido e positivo per tutta la Massoneria. Viene in realtà – e giustamente – a coincidere con un momento di profonda crisi dell’Ordinamento massonico. E questo ci deve far riflettere. In quegli anni, lo spazio massonico era dominato sempre di più dal discorso politico e stava diventando sia per i Massoni, sia per gli osservatori esterni, il terreno privilegiato di scontro tra forze partitiche diverse. A fronte delle inevitabili lacerazioni interne che tale situazione comportava nelle Logge, i Massoni di allora si sono posti l’interrogativo sulla natura e sulle finalità del loro Ordine. Solo successivamente, con l’evoluzione dello Stato, culminato con le rivoluzioni illuministe, che hanno portato alla formazione delle società post-illuministe, il dibattito politico si è trasferito dalle Logge verso le nuove strutture esterne.
Ritorno alla Tradizione
Negli anni rivoluzionari i Massoni stessi sostenevano metaforicamente che fino 1789 le Logge erano state essenzialmente degli operosi alveari politici, senza però avere un immediato riflesso nella vita istituzionale e che mano a mano che ci si avvicinava alla rivoluzione si è poi notato il netto trasferimento del dibattito politico fuori dalle Logge nelle quali sono quindi rimasti solo coloro che continuavano ad impegnarsi per la difesa e alla conservazione della vera Massoneria legata alla Tradizione. Questo sviluppo viene definito – cito – «la logica conclusione della crisi e delle divisioni interne della Libera Muratoria».
Questa breve, e spero non eccessivamente noiosa digressione storica, serve per dire che si può ritenere non scorretto, ma sicuramente riduttivo, pensare che il divieto di parlare di politica in Loggia sia dettato unicamente dalla necessità di evitare possibili scontri d’opinione. Ragionare su questo particolare divieto significa, per il Massone, comprendere la necessità di indagare ed interrogarsi sulla differenziazione tra massoneria e Massoneria, sui compiti che il Massone è tenuto a svolgere in Loggia a fronte del suo eventuale impegno civile e politico esterno. Il pericolo di confusione e sovrapposizione, dovuto alla distinzione non sufficientemente ponderata tra Massoneria e politica, è concreto ed importante. Concreto, se si considerano i vari regolamenti e statuti che reggono il nostro Ordine e che spesso si rifanno a concetti quali la patria, le leggi che la governano, la fedeltà allo Stato, eccetera. Importante, ritenuto che una mala interpretazione di tale necessaria differenziazione, o peggio, di una mescolanza impropria di concetti, renderebbe difficile comprendere gli scopi ed i fini propri della Massoneria. Si pone quindi un ulteriore interrogativo. Che senso può avere il divieto di fare politica in Loggia a fronte dell’evoluzione storica della nostra società ed il raggiungimento di uno Stato laico in cui vige la separazione dei poteri, i diritti di uguaglianza personale, la libertà di culto e quant’altro? Come deve essere letto ed inteso l’impegno politico di un Massone? Il Libero Muratore ha assunto i principi democratici, li ha accettati, li propugna e li difende. Ma questo non significa assolutamente che la Massoneria possa essere paragonata ad una democrazia. La Massoneria non ha nulla a che vedere con l’organizzazione politica o civile di uno Stato, qualsiasi esso sia, nemmeno se lo Stato è retto da istituzioni democratiche affini ai valori da noi sostenuti. La natura della Massoneria è, e deve rimanere, quella di una Società Iniziatica. E proprio per questo, la Massoneria, come tale, non può e non deve proporsi nessuno di quegli scopi a cui si dedica una qualsiasi associazione attiva nella società profana che consegue scopi politici, o peggio ancora, partitici.
Operare per il bene universale
Ma uno scopo la Massoneria lo deve pur avere. Altrimenti sarebbe vana e vuota tanto che l’uomo virtuoso la rifiuterebbe piuttosto che aderirvi. Lo scopo è quello di conseguire il bene universale, slegandosi da culture unilaterali, cercando la dimensione universale dell’uomo, disgregandosi da concetto dogmatici, per cercare l’unione di tutte le fonti di intuizione dell’uomo, in modo trasversale. Questo e nessun altro deve essere lo scopo della Libera Muratoria. Ma questa finalità, il bene universale, è talmente ampia che può essere conseguita anche su molteplici altre vie; tra queste l’affaccendarsi in mezzo agli uomini, l’interessamento alla cosa pubblica e, una di tante, anche la politica.
Dalla diversità di finalità deriva la necessità di mantenere una netta separazione tra Massoneria e politica. Per il Massone, e ai suoi occhi, tutte le leggi e gli ordinamenti del suo Stato, la realtà in cui vive e la sua cultura, devono sempre riferirsi all’intero genere umano e solamente per questo hanno per lui un valore ed un significato. La Patria può essere intesa come la patria dell’intera umanità o, perlomeno, come un tassello dell’intera umanità. Lo stesso dicasi della famiglia il cui concetto va elevato ed inteso come concetto universale. Ciò non significa che il singolo Massone, colto e preparato, sia sottratto allo Stato e votato ad un pigro cosmopolitismo. All’opposto, egli diventa, in forza di questo suo pensiero universale e solistico il più utile cittadino dello Stato. Il suo cosmopolitismo si manifesterà per mezzo della più poderosa attività, ivi compresa quella politica che, però, dovrà sempre distinguersi dalla via iniziatica che sta percorrendo. Il Massone sa che leggi e costituzioni, anche se manchevoli, sono pur meglio di niente. La Massoneria è universale, professa valori universali che, come abbiamo visto, non coincidono in particolare con la partitica, faziosa per definizione, sicuramente utile e necessaria, ma certamente diversa da ciò che deve essere la Massoneria. Questo ha come conseguenza che nessuna differenziazione tra Massoni attivi in politica e Massoni che non lo sono, potrà trovare posto nei discorsi di Loggia. Occorre vigilare affinché riferimenti diretti a questioni politiche non snaturino i lavori di Loggia. Se si vuole, si potrebbe estendere il medesimo ragionamento anche alla religione, ma non entrerò in materia per la delicatezza e la complessità dell’argomento. Sta di fatto che la nostra cultura e il nostro modo di pensare sono quasi in antitesi con una visione universale della vita e dell’uomo che è, per contro, propria della Massoneria.
La scelta da parte della Massoneria di considerare religione e politica quali ambiti meramente conoscitivi, ma su cui non si può prendere posizione, è tutt’altro che casuale. Questi divieti ed il loro rispetto vanno quindi meditati, ragionati e compresi, e non ridotti o modificati a piacimento. La politica è dialogo, ma soprattutto ricerca dei consensi, nel rispetto delle opinioni altrui, in una decisione, in una delibera, in un’idea che anche le minoranze sono tenute a rispettare in funzione degli assunti principi democratici.
Come detto, anche per questo motivo la Libera Muratoria ha sì assunto i principi democratici, ma pure deciso di militare in un Ordine che non ha nulla in comune con l’organizzazione politica di uno Stato. E ogni Massone ne dovrà tenere conto nei discorsi e nelle posizioni che prenderà in Loggia, tenendo sempre presente la risposta che ha fornito quando gli è stato chiesto se si riteneva uomo libero.
Riconoscere il dualismo
Un Fratello recentemente ha detto: «Nel distinguere la politica dalla Massoneria, non dobbiamo mai dimenticare quali sono le pietre angolari destinate all’edificio massonico, la trascendenza e l’introspezione, l’affinamento spirituale dell’uomo che auspichiamo di raggiungere. » A mio modo di vedere, la consapevolezza di dover riprendere, rivalutare e ragionare su questi principi cardine, è una delle sfide che la Massoneria deve raccogliere nel terzo Millennio poiché rappresentano la via verso una conoscenza globale ed una visione sempre più d’insieme delle grandi intuizioni del mondo. Poiché l’uomo, che ha come scopo il suo acculturamento e l’approfondimento spirituale, può diventare più libero e fornire così il suo contributo al generale benessere. L’aveva già compreso anche il Fratello Kipling che, nel suo famoso racconto «L’uomo che volle essere re», aveva abbandonato la sua iniziale visione di una Massoneria al servizio dello Stato, concludendo con un monito che vuole essere un chiaro invito al Massone a staccarsi dalla politica e a concentrarsi sui valori universali della Massoneria: «Fui iniziato in una Loggia il cui Maestro Venerabile era mussulmano, fui promosso Compagno d’arte in una Loggia il cui Maestro Venerabile era indù, fui elevato a Maestro Libero Muratore in una Loggia il cui Maestro Venerabile era cristiano. »
Nella nostra realtà l’invito di questo Fratello è da raccogliere nel senso di distinguere, con chiarezza e fermezza, il lavoro massonico dall’impegno politico, sostenendo con altrettanta chiarezza e fermezza che i concetti non si escludono a vicenda, sono evidentemente collegati, ma vanno distinti e non vanno assolutamente confusi. Un Massone che fa politica utilizzerà gli strumenti che la democrazia gli ha dato e metterà a frutto quello che è l’insegnamento massonico, ma l’impegno in politica non dev’essere inteso come un obbligo.
L’auspicio che posso formulare, concludendo, è che si riesca a tenere sempre presente che, dinnanzi alla dualità che contraddistingue la nostra vita e che trova simbolicamente espressione nelle due Colonne che oltrepassiamo ogni volta che varchiamo la soglia del Tempio, al Massone è data l’opportunità di superare questo dualismo profano, seguendo il sentiero della vita, mantenendo il più possibile fisso lo sguardo verso l’Oriente, eterno ed unico per tutti i Massoni, per tutti gli uomini.