Non Quantità ma Qualità
Vi sono bussanti che non sono pronti per questo passo, ma che credono di poterlo fare per puro desiderio realizzativo o di cambiamento a tutti i costi, ma senza essere disposti a spogliarsi degli orpelli della vita profana: una loro entrata in Massoneria farebbe male certamente all’Ordine, ma soprattutto al soggetto che ne fa richiesta.
A. G. – «Veritas», Locarno (Revista massonica svizzera giugno/luglio 2009)
Indicare le qualità del Massone rimanda spontaneamente alla domanda «che cosa é la Massoneria?»… ma, forse, induce a definire «cosa essa non é e, soprattutto, cosa non dovrebbe mai essere».
Attraverso una serie di fondamentali distinzioni fra Ordine iniziatico ed Associazione profana, tenterò di mettere in evidenza le qualità che dovrebbero venire richieste ad un bussante e, soprattutto, quali terreni approfondire nell’analisi di quest’ultimo affinché egli possa essere considerato idoneo ad affrontare il percorso iniziatico. L’obiettivo fondamentale di questo elaborato é mirato alla ri-scoperta di quei valori che sono andati un po’ perduti e che, a detta di molti Fratelli, caratterizzano la crisi che sta attraversando il nostro Ordine. Forse, un più oculato scrutinio del bussante, potrebbe costituire per la Massoneria una scelta di fondo importante, suscettibile di metterci al riparo dalla tentazione (un po’ semplicistica) di rinverdire le colonne per pura adesione formale e numerica, e non in virtù di qualificazioni e di valori che, nel corso della storia, hanno reso grande il nostro Ordine.
Dirò subito che, malgrado qua e là se ne possa erroneamente evincere il significato, escludo nel modo più assoluto che il termine di qualificazioni, possa essere assimilato al significato di intelligenza o, peggio, di potere. Un’intelligenza non accompagnata dalla dovuta saggezza, oltre che inutile, sarebbe davvero sprecata!
Associazione profana o Ordine Iniziatico?
Una comunione di individui che decidono di raggrupparsi per lavorare insieme viene chiamata Ordine Iniziatico quando essa presuppone l’adesione ad una Regola o un Rito attraverso cui conseguire un determinato fine che si situi al di là di riscontri puramente legati al possesso ed alla materialità. Il termine Rito deriva dal latino ritus, ordine prescritto, parola derivante a sua volta da una forma dell’Indoeuropeo vedico rta o arta che evoca l’ordine del cosmo. In particolare, l’aggettivo Iniziatico significa il percorso o il movimento che intraprende una persona giunta alla soglia della presa di coscienza (o, comunque, del desiderio di cambiamento profondo del suo essere), con l’obiettivo di assumere il controllo delle sue facoltà psichiche superiori. Con l’iniziazione, la persona compie un’operazione interiore che costituisce il primo passo verso la trascendenza del proprio Io e, quindi, verso la separazione/liberazione del proprio desiderio di possesso materiale, qualsiasi esso sia. Tale processo di separazione/liberazione avviene attraverso un costante movimento dell’Essere in cui egli stesso é attore di una serie di Rettificazioni che, partendo dai vincoli dell’esistenza subpersonale, lo porterà a muoversi nella direzione della Libertà e dell’Amore verso l’Altro.
Non é, per contro, un Ordine e, ancor meno, un Ordine Iniziatico un’associazione di individui che limita la propria attività allo scambio dialettico, nel senso più ampio del termine. Bene inteso, lo scambio dialettico ha un suo valore importante e profondo che qui non é minimamente messo in discussione. Nel paragone con l’Ordine Iniziatico, l’associazione così descritta se ne dissocia però sensibilmente in quanto in essa la Dottrina prevale sulla Conoscenza, malgrado il fatto che la circolazione del Sapere, dello scambio relazionale e dell’approfondimento concettuale, costituiscano una fonte inesauribile di progresso e di incrementazione di conoscenze teoriche. Congiuntamente ad altri elementi che le caratterizzano e che verranno esaminati successivamente, già nei termini di Sapere e Conoscenza incontriamo una prima fondamentale differenza per quanto riguarda i meccanismi e le fonti di apprendimento (ma anche di approfondimento e di crescita) che dovrebbero regolare e, nel contempo, distinguere l’Ordine Iniziatico dall’Associazione profana, con particolare riferimento al tipo di legame che questa distinzione produce al loro interno e tra i membri che ne fanno parte. Nel paragrafo seguente, tenterò di esplicitare la differenza fondamentale tra questi due termini. In seguito elencherò altri fattori – non meno importanti – che segnano la differenza tra Ordine iniziatico e Associazione profana.
Sapere, Conoscenza, Verità
Nel discorso comune i concetti di sapere e conoscenza vengono spesso confusi e assimilati l’un l’altro; ritengo però che una brevissima disquisizione sul tema possa gettare luce su quanto qui é in discussione. Il sapere, a differenza dell’informazione e dell’assoluto primato dell’oggettività che la dovrebbe caratterizzare, consiste in una trasmissione di pensieri, opinioni, teorie o concetti che implica un rapporto di ascolto partecipe tra mittente e ricevente, dove gli universi rappresentativi dell’uno e dell’altro si mescolano, si percepiscono e si compenetrano. Questa concezione induce lo psicosociologo francese B. Charlot, nel suo luminoso saggio intitolato «Le rapport au savoir», a ritenere che, pur ascrivendosi al registro dell’oggettività, «Le savoir est un rapport avec Autrui». Pur agendo (come l’informazione) sotto l’egida dell’oggettività, il Sapere consiste in un’appropriazione dell’informazione da parte del soggetto ed una conseguente modificazione sia di quest’ultima sia del suo universo rappresentativo e cognitivo.
Esso é, quindi, prodotto dal soggetto confrontato ad altri soggetti in uno scambio relazionale e sociale profondo, diventando così un prodotto comunicabile, ovvero «un’informazione disponibile per gli altri» (J.M. Monteil, 1985). «Il n’y a de savoir que pour un sujet, il n’y a de savoir qu’organisé selon des relations internes, il n’y a de savoir que dans une confrontation personnelle. Autrement dit, l’idée de savoir implique celle de Sujet, d’activité du sujet, du rapport du Sujet à lui-même, de rapport de ce Sujet aux autres qui construisent, contrôlent, valident, partagent ce savoir.» (B. Charlot)
Il tema della Conoscenza, dal canto suo, sin dall’antichità ha impegnato i nomi più grandi della Filosofia: da Aristotele a Piaget, da Plotino a Husserl i grandi epistemologi hanno investigato uno fra i più grandi e, nel contempo, fra i più affascinanti misteri che avvolgono da sempre l’Essere Umano, quello cioè relativo alla ricerca della Verità. Già questo primo termine richiede una breve analisi che ci permetta di non scadere, come spesso succede, in un suo utilizzo vuoto o scontato. Che cosa è, quindi ed innanzitutto, la Verità? Il termine di Verità corrisponde a qualche cosa, un’entità, che possiede in misura totale ed in modo incontestabile le caratteristiche proprie del suo essere e della sua natura. Già Plotino (203–270 d.C.), abbracciando la tesi teologica e metafisica, sosteneva quanto segue: «La Verità Vera non è in accordo con un’altra cosa ma in accordo con se stessa: essa non enuncia nulla fuori di sé, ma enuncia ciò che essa stessa è.» (Enneadi, V,5) La Verità non é quindi un valore relativo a qualcos’altro, commerciabile o scambiabile, ma assume una connotazione di valore assoluto, non coordinato né coordinabile con altri valori. Essa é in Sé. Il problema sorge laddove, mentre talune correnti definiscono la Verità come un fattore esterno al soggetto, forzando così quest’ultimo a seguire percorsi conoscitivi sorretti dalla ragione e dall’intelletto, talaltra la considera come fattore interno, intrinseco al soggetto, di cui quest’ultimo rappresenta – anche a sua insaputa – un perfetto isomorfismo e per il quale il meccanismo dell’intuizione aprirebbe le porte all’evidenza. Come vedremo in seguito, il concetto di Verità più aderente al pensiero massonico sembrerebbe corrispondere alla seconda prospettiva, ovvero quella che concepisce la verità come un fattore interno al soggetto. Lo vedremo soprattutto nella distinzione tra la via mistica a la via iniziatica, in riferimento soprattutto al fatto che, mentre nel misticismo l’individuo é passivo, ricevente, nella via iniziatica egli é parte attiva e partecipante al processo di assorbimento della verità. In tal senso, il metodo che permette all’Essere di avvicinarsi alla Verità sembrerebbe allora risiedere in un atteggiamento contemplativo, sorretto dalla sospensione di giudizio ed immerso nello stupore (epoché), in quanto vettore capace di rendere possibile alle cose stesse di manifestarsi nella loro essenza. Secondo E. Husserl (1859-1938), padre fondatore della fenomenologia, quando l’epoché è stata effettuata, la Verità corrisponde alla stessa Evidenza con cui gli oggetti fenomenologici si presentano all’essere, siano essi degli oggetti teoretici, etici o morali, prospettiva questa fortemente presente nell’attitudine massonica.
In modo generale e senza volermi dilungare nell’acribia della disamina, due sembrano essere i piani su cui viene definita la Verità: il primo è quello relativo ai dati del mondo, agli oggetti che preesistono, al Principio supremo e al conseguente Ordine perfetto delle cose (verità in sé); il secondo, quello dell’Essere umano, concepito come una struttura complessa nel suo divenire, alla quale è data la possibilità, sin dagli inizi, di far corrispondere in modo isomorfo le sue leggi interne ed il suo funzionamento generale al Principio Generatore, ciò che corrisponde al G.A.D.U. (verità per il Soggetto). L’Essere, in altri termini, è dotato, a partire dalla sua nascita, di potenzialità, di competenze, di strumenti che, una volta sviluppati nell’ontogenesi, lo possono mettere in condizione che gli venga rivelata la sua appartenenza al principio cosmico e perfetto. Tutto dipende dal grado di consapevolezza e di coscienza che, per un motivo o per l’altro, sarà in grado di sviluppare nel corso della sua vita. Anche l’intuizione o – più semplicemente – la capacità di accorgersi dei fatti del mondo in virtù dello stupore fenomenologico sono elementi che crescono con l’esperienza, subiscono delle modificazioni e soggiacciono alle leggi dell’apprendimento, della crescita personale e coscienziale. Tra le molteplici definizioni che la distinguono, proporrei di abbracciarne una particolarmente aderente al nostro lavoro massonico ed al metodo che contraddistingue il nostro modo di vedere e di percepire le cose. In tal senso, propongo di intendere il termine Verità con quella che sembra essere la sua connotazione fondamentale, ovvero quella di Rivelazione o Disvelamento.
Continuum evolutivo
Parallelamente alle definizioni di Verità appena esaminate, esistono di conseguenza due grandi interpretazioni del concetto di conoscenza o di percorsi volti alla scoperta della verità. Da una parte troviamo correnti che mettono l’accento sull’aspetto razionale, oggettivo, mirato soprattutto alla scoperta di enti o di oggetti che devono essere analizzati, descritti, spiegati e riprodotti. Dall’altra, ci sono buone ragioni per supporre l’esistenza di una forma di conoscenza più soggettiva, interiore, intuitiva, che mira a far apparire oggetti o enti che sono già lì, con i quali l’essere umano si accorda o che richiama, attraverso lo stupore e la contemplazione, come un musicista richiama, eseguendolo, il brano musicale ogni qualvolta lo desideri e a seconda del suo grado di consapevolezza. Ancora una volta, viene riproposta qui la dicotomia tra la corrente Aristotelica e quella Platonica.
Per l’Ordine Massonico potrebbe essere altrettanto illustrativo immaginare che la conoscenza, come l’architettura e l’arte del costruire, implica la costante interrelazione tra due componenti fondamentali: da una parte, la costruzione interiore, la ricerca della verità dentro di sé, la capacità di tracciare percorsi di Verità a partire dall’Iniziazione e dal desiderio di trasformazione di se stessi e, dall’altra, la costruzione vera e propria, ovvero la messa in opera, costituita da materiali che, attraverso la loro manipolazione e l’applicazione di tecniche, assumono significati simbolici che subito rimandano alla cosa rappresentata. In tal senso, mentre la seconda componente sembrerebbe appartenere al terreno del Sapere, la prima si ascriverebbe nell’ambito più universale della Conoscenza. O, ancora, come vedremo in seguito, é possibile sostenere che mentre la circolazione del Sapere ed il reciproco arricchimento che ne deriva, é pertinente alle fasi dello sviluppo dell’essere che lo pongono ancora in una posizione subpersonale e, quindi, egoica e legata al particolare, i percorsi di avvicinamento alla Conoscenza sono regolati piuttosto dalla posizione transpersonale, ovvero quella che offre al Soggetto una visione Universale della vita ed una comprensione di appartenere ad un contesto che trascende i confini del corpo e della mente. Va da sé che il tutto possa e debba essere concepito in modo dinamico, all’interno di un continuum evolutivo a cui corrispondono, in modo progressivo, sia le varie fasi di consapevolezza dell’essere sia, in virtù di un movimento stadiale cosiddetto a spirale, le rispettive fasi di crisi e la maturazione interiore da cui il più delle volte essa deriva.
Questo continuum evolutivo – che é anche quello che segna il passaggio dal sapere alla conoscenza – non può che costituire la chiave di volta che ci permette di interrogare il Soggetto nel suo divenire e, soprattutto, nella qualità che dovrebbe prioritariamente essergli richiesta e di cui essere dotato affinché egli possa accedere alla porta del Tempio.
Troppa Luce acceca
Questo brevissimo excursus storico-filosofico sulla psicologia, nella qualità di Fratelli Massoni, non può che stimolare ad una riflessione relativa alle qualificazioni richieste al bussante prima della sua entrata in tempio. Come anticipato nell’introduzione, non si tratta di valutare né l’intelligenza né la portata del desiderio di autoaffermazione né, ancor meno, di potere. Si tratta di indagare a fondo sul sistema di valori personali del bussante, ma soprattutto sui suoi momenti di crisi che, come abbiamo visto, é spesso fonte di progresso personale e coscienziale. Vi é un momento nella vita di tutti noi in occasione del quale, per motivi diversi, entriamo in crisi con noi stessi, con il mondo, con i valori, con la nostra stessa spiritualità. Spesso la sofferenza e la malattia dell’anima sono all’origine di tale senso di smarrimento. L’importante é saper valutare la nostra capacità introspettiva, il coraggio di saper entrare dentro e verso noi stessi alla scoperta del nostro centro, nella speranza che questo possa essere il riflesso di un centro cosmico ed universale che ci determina e di cui facciamo parte. Vi sono persone che non sono ancora pronte per questo passo ma che credono di poterlo fare per pura proiezione egoica o realizzativa o per instabilità e desiderio di cambiamento a tutti i costi, ma senza essere disposti a spogliarsi degli orpelli della vita profana: una loro entrata in Massoneria farebbe male certamente all’Ordine, ma farebbe soprattutto male al soggetto che ne fa richiesta, poiché costretto a mentire a se stesso allorquando il suo profondo convincimento dovesse venir meno.
In riferimento al mito della caverna di Platone, é bene forse ricordarsi in particolare di un insegnamento che, fra i tanti fornitici dal racconto, sembrerebbe molto aderente a quanto qui espresso: una luce ricevuta senza dovuta preparazione spesso abbaglia o acceca. In qualche altra occasione induce a derisione. In tutti i modi produce sofferenza in chi non é preparato al percorso iniziatico ed al lavoro di introspezione che questo presuppone. Ouroboros: «Una Via, o sentiero, comporta un grande impegno ed un’ampia disponibilità di cuore e di mente.»