La promessa, più che semplici parole
«….sia per voi questo liquido, che da dolcissimo è diventato amaro più ancora del fiele, il simbolo imperituro del rimorso e dell’amarezza che fino alla morte affliggeranno il vostro cuore qualora aveste a venir meno alla parola data!»
F. R., Loggia Il Dovere, Lugano
Le promesse richiedono un impegno che non può essere considerato solo formale, da prendersi alla leggera e da disattendere. Quando promettiamo sul nostro onore mettiamo in gioco la nostra credibilità, quell’onorabilità troppo spesso sbandierata e altrettanto spesso tradita. Ciò equivale ad ingannare noi stessi e soprattutto gli altri, coloro che ci hanno concesso totale fiducia. Entrando in Massoneria si promette in tutta libertà e sul proprio onore, dopo aver sentite queste solenni parole: «Noi vi assicuriamo che non vi chiederemo mai cosa contraria ai vostri doveri verso la famiglia, la patria e l’umanità. Anzi: la Massoneria vi sarà d’incitamento e conforto per una vita moralmente più pura e spiritualmente più alta. E poiché senza la libertà – tra noi sacra e inviolabile – nessuna azione ha valore morale, non vi sarà imposto alcun credo, e nessun dogma incatenerà la vostra coscienza.»
Promesse nel mondo profano
«Quel giovane è una promessa.» Quante volte abbiamo udito o letto questa frase? In ambito sportivo, ad esempio, è frase ricorrente. Così come sono ricorrenti le delusioni. Identica situazione si manifesta nel nostro vivere quotidiano quando ci si promette di fare o non più fare una determinata cosa o azione. Spesso questi propositi non vengono concretizzati e rimangono tali o «promesse di marinaio». In politica si tende a fare un distinguo lessicale fra il promettere e il giurare. A volte si ha l’impressione che promettere sia meno vincolante che giurare.
Non illudiamoci: entrambi i verbi sottintendono un impegno al quale dobbiamo attenerci. In parole povere: a volte si promette e si giura con una certa qual superficialità, senza rendersi conto del significato che la formulazione della Promessa comporta: in questo caso è stata udita, ma per quanto attiene l’assimilazione e gli obblighi sottoscritti c’è stata scarsissima attenzione. Questo comportamento non darà buoni frutti e a lungo andare, ignorando l’importanza e la sacralità dell’impegno assunto, a farne le spese sarà la dignità. Ciò accade spesso nella vita profana: non dovrebbe accadere in Massoneria. Purtroppo, riferendoci al passato, non sono mancati gli ignobili quanto esecrabili tradimenti anche in ambito massonico.
Promesse, giuramenti antichi e sacri
Il senso dell’onore dipende dalle nostre virtù, dalla nostra coscienza, dal nostro comportamento e dalle azioni che siamo chiamati a compiere nel corso della nostra esistenza: l’onore è un valore inestimabile al quale l’uomo non può rinunciare!
In ambito religioso, il giuramento o promessa, è un impegno che l’uomo assume nei confronti della divinità. I popoli dell’antichità consideravano la formulazione di un giuramento un atto sacro, magico. Si giurava in nome di Giove, il dio dei romani, lo Zeus dei greci, oppure in nome di Mitra, il dio della Luce invocato dai persiani ecc., ma, a volte, chiamando come garante della promessa formulata anche qualche divinità demoniaca. La formulazione era solitamente accompagnata da un gesto. Nelle iconografie che rappresentano i tre Waldstetten sul prato del Grütli, il gesto con la mano destra è rivolto verso il cielo e suggella lo storico patto prendendo a testimone Dio. Quindi la Promessa, o giuramento, non ci impegna solo nei nostri ed altrui confronti, ma bensì in quelli di un’entità superiore, che ci giudicherà severamente se dovessimo tradirla. A questo proposito il Fratello Désaguliers afferma: «….se è vero che la promessa è un atto essenziale della Massoneria, dobbiamo necessariamente domandarci quale ne sia il fondamento. La risposta è insieme semplice e temibile. Come pratica estremamente antica dell’umanità, la promessa, il giuramento sono obbligatoriamente sanzionati da un’autorità superiore all’uomo, da una trascendenza capace di giudicarlo.»
La Promessa ci lega ad un vincolo che non può avere valenza solo nella vita terrena. Questo impegno ci rammenta la parola del Vangelo (Matteo 16,19): «Tutto ciò che legherai sulla terra, sarà legato in cielo, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto in cielo.»
Non patti ma promesse
Non confondiamole promesse con i patti. La promessa Massonica c’impegna in maniera definitiva, anche qualora si decidesse di abbandonare l’Istituzione: gli impegni assunti saranno vincolanti per tutta la nostra esistenza! Da ciò si deduce che la promessa che ci siamo «scolpita profondamente nel cuore» non potrà mai essere cancellata. Se lo facessimo saremmo indegni di definirci uomini, perderemmo la nostra dignità, il rispetto altrui e di noi stessi. Purtroppo s’infrangono i patti ma anche le promesse. Il patto è una convenzione fra uomini. Spesso queste convenzioni si rompono o vengono rimesse in discussione a dipendenza delle circostanze. In Massoneria non si patteggia, ci s’impegna e per sempre e i termini della promessa non lasciano dubbi in proposito. In passato i detrattori della Libera Muratoria hanno definito la Promessa Massonica un patto. Lo scopo di questo distinguo non può sfuggirci: indurre i profani a pensare ad un patto diabolico. Lasciamo immaginare al lettore con chi!
Noi Massoni promettiamo sul nostro onore e sulle tre Grandi Luci (squadra, compasso e Bibbia) di adempiere ai doveri nei confronti della famiglia, della patria e dell’umanità. Di essere tolleranti, di ricercare sempre la verità e la giustizia. Promettiamo di frequentare assiduamente i nostri Lavori, di amare i nostri Fratelli, di aiutarli con consigli e azioni. Promettiamo di mantenere il massimo segreto sulle nostre cerimonie, segni e parole di riconoscimento, d’osservare la discrezione più assoluta su quanto avviene in Loggia e di considerare sempre la nostra parola di Libero Muratore come il giuramento più sacro! «La Promessa Massonica – secondo Boucher – è quindi l’oggetto stesso del giuramento. Si enuncia il più chiaramente possibile ciò a cui ci si vuole impegnare.»
Nelle nostre Logge non sempre gli impegni assunti vengono rispettati. Frequentare con assiduità i Lavori è un obbligo al quale dobbiamo sottostare, ma a volte nella Colonna del Nord ci sono troppi posti lasciati vuoti dagli Apprendisti. In questo caso sospettiamo che la Promessa sia stata solo udita, ma con scarsa attenzione. Analogo discorso vale anche per i gradi a seguire. È quindi palese che se non sappiamo onorare la Promessa formulata il giorno dell’Iniziazione, la più importante – rammentiamoci la Coppa delle libagioni – difficilmente potremo tener fede alle successive! Sulla discrezione ci limiteremo ad osservare che a volte, pur piovendo, non ci si preoccupa di aprire l’ombrello: superfluo aggiungere altro!
Promessa e libertà
Il bussante in totale libertà chiede d’essere iniziato alla Massoneria, diritto che gli viene concesso in cambio di una promessa e dell’impegno preciso contenuto in questo passaggio del rituale: «Voi siete venuto a noi da uomo libero, e noi rispetteremo scrupolosamente la vostra libertà, purché sappiate usarne da uomo cosciente dei propri diritti, ma in ugual misura dei propri doveri.»
La Promessa implica dunque dei doveri; farvi fronte o meno dipende esclusivamente dalla nostra coscienza alla quale dobbiamo inevitabilmente rendere conto. Promettendo impegniamo il nostro onore e mettiamo in gioco la nostra dignità.
La promessa pone dei limiti alla nostra libertà? Ciò dipende esclusivamente da noi, dalla nostra coscienza e dalla nostra ragione. Cosa intendiamo per libertà? È la volontà di compiere o non compiere determinati atti, azioni. Di adottare o meno certi comportamenti, sia quelli che ci squalificano e che recano danno alla nostra moralità, alla nostra immagine, sia quelli che ci fanno onore. Libertà come diritto o come dovere? Si potrebbe rispondere che si può rinunciare ad un diritto; più difficile è rinunciare ad un dovere. «La libertà – scrive il Mazzini – se non è considerata come un dovere rigoroso da conquistare, da preservare e sviluppare, è destinata ad avere una pessima sorte.»
Sul concetto di libertà si potrebbe discettare all’infinito. Ognuno di noi considera la libertà un bene inalienabile, tanto che per ottenerla spesso si prevarica quella altrui: la storia annovera molti esempi in proposito. Le rivoluzioni scatenate per il raggiungimento di quella condizione, raramente sono state incruente. In nome della libertà s’è sparso molto sangue e molto se ne spargerà ancora. In quanto alla nostra Istituzione, essa ci accoglie da uomini liberi ed onorati: qualora le circostanze ci obbligassero a lasciarla, lo potremo fare in tutta libertà, senza costrizioni, se non quella di preservare il nostro onore.
Anche se qualcuno lo ha definito «un’illusione », il libero arbitrio ci consente sempre di operare delle scelte sia nel bene sia nel male. Possiamo decidere di essere liberi o di essere schiavi, anche all’interno del nostro Ordine; dipende unicamente dalla nostra volontà.
La Promessa interiore
La Promessa Massonica dovrebbe – come dice il Rituale – essere scolpita del cuore di ognuno di noi. In questo caso l’Iniziato assume, in assoluta sincerità, un impegno con se stesso e con l’essere divino, cosmico e personale, che ha invocato quale garante. Tradirla equivarrebbe spegnere definitivamente la Luce che abbiamo ricevuto e ripiombare nelle tenebre. La Promessa suggella un’alleanza cosmica che dovremo impegnarci a mantenere per tutta la nostra esistenza.
Chi tradisce una promessa si disonora, si squalifica irrimediabilmente. Ciò accade spesso nel mondo profano, a volte con conseguenze imprevedibili e anche tragiche. Purtroppo, anche in Massoneria, a volte ci si impegna con troppa leggerezza. La Promessa andrebbe riletta e meditata, sviscerata nei suoi contenuti, che sono certamente più di semplici parole!