La libertà – ma quale?
«… libertà va cercando ch’è sì cara – come sa chi per lei vita rifiuta.» (Dante)
F. D. V. (Revista massonica svizzera febbraio 2003)
Conoscete la storia della capretta del signor Seguin? Me la leggeva mio padre da bambino per addormentarmi (non mi ricordo se ci riusciva). È la storia di una capretta che, tenuta sempre legata a una corda, desidera la libertà. Il padrone alla fine gliela concede e lei, per poco, finisce in bocca al lupo. Morale: la libertà è un bene che bisogna saper gestire. Bisogna essere maturi per la libertà.
In termini più seri, parla di libertà Dante all’inizio del Purgatorio, quando fa dire a Virgilio che: «…libertà va cercando ch’è sì cara / come sa chi per lei vita rifiuta». «Libertà» è anche il titolo di una novella del Verga, se ricordo bene. “Liberté” è la prima parola che figura nel vessillo della Rivoluzione francese. Libertà è soprattutto uno dei pilastri fondamentali del credo massonico.
Quale parola è stata più usata nella letteratura e nella storia? Forse solo la parola “amore”. Ciò significa che la libertà è un valore innato nell’uomo, un valore irrinunciabile.
Come tutte le parole molto usate, è stata anche abusata, travisata, tradita. In nome della libertà si sono compiuti i più grandi sacrifici, ma si sono anche consumati i più grandi crimini.
I concetti materiali
Poche parole si prestano ad un maggior ventaglio di interpretazioni, in quanto poche sono più ricche di accezioni. Vediamone alcune. Una prima forma di libertà è quella politica. Oggi in molti Paesi si ritiene realizzata questa libertà. Ma lo è veramente? E, quand’anche lo fosse, è sufficiente questa condizione esteriore per sentirsi veramente liberi?
Qualcuno ritiene prioritaria la libertà dei bisogni. Qui siamo ancora lontani dall’averla realizzata a livello planetario, se si pensa che circa un terzo dell’umanità soffre la fame. Ma anche questa non è una libertà che ci rende felici. I Paesi ricchi non conoscono la felicità, tutt’al più godono del benessere materiale.
La libertà dalle peggiori forme di dipendenza fisico-psicologica (droga, sesso, denaro o altro) è certamente una forma più elevata, se si vuole un’aspirazione più nobile. Ma neanche questa è pienamente soddisfacente. E allora?…
Una condizione spirituale
Cominciamo col puntualizzare che la libertà è una condizione interiore e così ci avviciniamo al concetto di libertà che è al tempo stesso il più elevato e il meno realizzato su questa terra: la libertà dello spirito.
Ne hanno parlato filosofi e teologi, osservandola da varie angolature, tutte riconducibili però a due posizioni di fondo: quella di chi ritiene l’uomo autosufficiente (filosofi) e quella di coloro che ritengono che la sua vera libertà si possa realizzare solo con l’aiuto di Dio (teologi). Questi ultimi si sono accapigliati nei secoli sulla dottrina della predestinazione, se cioè l’uomo sia veramente libero oppure se tutto sia già scritto indelebilmente nel gran libro di Dio.
Vista l’importanza della questione, potremmo partire da qui, dalla posizione di Dio nei confronti dell’uomo. Ci piace pensare che il Padre eterno ci lasci liberi di agire e che quindi noi siamo pienamente responsabili delle nostre scelte. Questa dottrina, che afferma il libero arbitrio dell’uomo, è quella che gli concede maggior dignità. Non quindi lo riduce a una sorta di manichino nelle mani del suo Creatore, ma ne fa un essere autonomo e artefice del proprio destino. Ma è proprio così? Siamo poi veramente tanto liberi nelle nostre scelte? E i fattori genetici? E quelli educativi? E i condizionamenti socio-ambientali? Per non parlare del peso della fortuna e del caso. Contro questa teoria, così bella, ma così facilmente contraddetta dall’esperienza di tutti i giorni, si sono levati in diversi tempi e in diversi contesti storici pensatori autorevoli del calibro di Lutero, Calvino o Maometto.
Come pronunciarsi su un tema tanto spinoso e dibattuto? Si può solo dire che la posizione di chi ritiene l’uomo artefice del proprio destino è più costruttiva, perché lo spinge ad agire per creare un mondo migliore o per rendersi meritevole del Paradiso. L’altra posizione sarà forse più realistica, più «filosofica», ma è più immobilista. Perché mi devo affannare per conseguire un certo risultato? Tanto, se è destino che lo raggiunga, lo raggiungerò comunque, se invece non è destino, per quanto mi affanni, non lo raggiungerò mai. Il mondo occidentale è generalmente schierato per il libero arbitrio.
E tutto questo cosa c’entra con la libertà dello spirito – si chiederà qualcuno? Tentiamo di dare una risposta.
Lo spirito è come un gas. Non ha confini e tende ad espandersi ovunque. Se lo lasciamo libero, sale, sale, sale fino ad arrivare a Dio. L’uomo non è arrivato materialmente ai limiti dell’universo o nelle viscere più profonde della terra, ma il suo spirito sì. È andato addirittura oltre. Da sempre l’uomo tende all’infinito, aspira a una dimensione sovrumana, desidera l’assoluto. Non solo i filosofi, gli scienziati e gli artisti, ma anche ciascuno di noi poveri mortali pensa con la lente d’ingrandimento e a tutti noi il mondo, prima o poi, una volta o l’altra, «sta stretto». L’espansione del proprio «io» non va intesa come prevaricazione selvaggia a scapito degli altri. È fin troppo noto il detto che «la mia libertà finisce dove comincia la tua». Tale libertà va intesa come possibilità per ciascuno di realizzare appieno se stesso, nel rispetto tuttavia dei nostri simili. Certamente le condizioni esterne (politiche, socio-ambientali, materiali) possono favorirla, ma soprattutto saranno i fattori educativi a renderla effettiva e pienamente operante.
Un’umanità nuova
Un’umanità nuova sarà quella che nascerà libera, libera dentro. Quella in cui l’uomo verrà educato ad esprimersi per quello che è e non per quello che gli altri o la società vogliono che egli sia. Egli dovrà poter realizzare le proprie aspirazioni in piena libertà, senza condizionamenti materiali, legali o psicologici. Non dovrà «essere dichiarato» libero, dovrà «sentirsi » libero. Certamente le condizioni esteriori, che il progresso o la politica potranno garantire, saranno importanti, ma non saranno determinanti o comunque non saranno sufficienti, potranno essere una premessa, un prerequisito.
prerequisito. Qualcuno forse intendeva riferirsi a questo ideale, parlando del superuomo. Non tanto il nostro amato D’Annunzio, quanto forse Federico Nietzsche. A volte i filosofi «estremizzano » i loro concetti per rendere più chiaro il loro messaggio. Proprio come in certe sfilate di moda, in cui la stravaganza dei modelli ci colpisce al punto da domandarci: ma chi avrà il coraggio di vestirsi così? Ciò che lo stilista vuole comunicarci è una certa idea, una determinata linea e allora lo fa nelle forme più esasperate. È chiaro che in quei termini non verranno realizzati prodotti di massa, ma quella linea, quell’idea sarà magari il leitmotiv di una stagione e verrà recepita e realizzata anche nei capi d’abbigliamento in vendita nei centri commerciali.
Così, una versione di più immediata fruizione del superuomo nietzschiano potrà essere quella dell’uomo libero, artefice autentico del proprio destino.
A nostro avviso, non è solo difficile, rischia di essere arbitrario. Non sappiamo come sarà l’uomo del futuro, vogliamo solo pensare e sperare che non assomiglierà a un manichino senza volto e senza cervello, assuefatto alle idee imposte in modo subdolo dai mass media. Se un tempo ci si lamentava della carenza dell’informazione, oggi ci si può legittimamente lamentare dell’eccesso d’informazione che è diventata bombardante, frastornante, deviante.
La libertà dello spirito la si potrà realizzare solo nella dimensione di un’informazione corretta (quindi non strumentalizzata) e controllata da una vera autority super partes, che filtri, selezioni, informi e non deformi o trasformi.
Su questa via si può vedere un principio di realizzazione di libertà dello spirito, un traguardo da sempre sognato, che non sappiamo se sarà mai raggiunto dall’uomo, ma che rappresenta una meta stimolante, la vera frontiera del terzo millennio.
Libertà massonica
In questa direzione la Libertà concepita in senso massonico non incontra quegli ostacoli che la delimitano sul piano dei rapporti umani e sociali. Nell’interiorità dell’individuo non esistono confini o spazi altrui da rispettare. Lo spirito ha una dimensione assoluta, incommensurabile. Lo spaziare nell’infinito è un viaggio affascinante, in cui l’uomo nella visione massonica può provare l’ebbrezza che si prova a contatto con l’ossigeno puro. Se poi il viaggio avviene in compagnia di altri Fratelli, esploratori dello spirito come lui, sarà ancora più emozionante. Si arriverà al G. A. D.U.? Si rimarrà delusi di non averlo trovato? Si giungerà in un porto tranquillo o si navigherà in eterno in acque burrascose? Si ritroverà se stessi o ci si perderà? Non conosciamo la meta, il Massone segue un istinto insopprimibile, quello che da sempre ha animato i migliori spiriti. Il suo viaggio avviene a tappe, ognuna delle quali gli riserva una nuova emozione. Ad ogni traguardo raggiunto gli si dischiudono nuovi orizzonti più lontani. La sensazione che prova è quella di un viaggio senza fine, ma di un viaggio che lo arricchirà interiormente e che, comunque si concluda, rappresenterà per lui un’esperienza irripetibile. La sua Libertà si manifesterà proprio nel poter condurre a tutto campo una ricerca che si estende negli sconfinati spazi dello spirito.