Il Jazz e il dionisiaco in Massoneria
Esiste un rapporto tra l’arte, in particolare la musica jazz, e la Massoneria? Se sì di che tipo di rapporto si tratta? In questa Tavola cercherò di fornire una risposta personale a queste domande.
Per quanto concerne la prima domanda la risposta è piuttosto semplice. Già la prima volta che si entra in un Tempio massonico ci si rende immediatamente conto della presenza di una dimensione artistica avvolgente, data dalle splendide raffigurazioni simboliche, dalla volta stellata, dalla suggestione degli attrezzi e dalle musiche di sottofondo. Quando in seguito si viene a sapere della affiliazione all’Ordine di artisti del calibro di Mozart, Sibelius, Duke Elligton, Louis Amstrong, Goethe, Carducci, Pascoli… tale legame diventa esplicito. Se si pensa inoltre che le radici della Massoneria affondano nelle corporazioni di muratori, scalpellini e architetti del XII-XIII° secolo che ci hanno lasciato magnifiche cattedrali, autentici capolavori architettonici, si capisce che il nesso arte e massoneria non è aleatorio od estemporaneo ma immanente alla sua genealogia e natura profonda. Non è un caso che una delle tre piccole luci della Massoneria, accanto alla saggezza ed alla forza, sia proprio la Bellezza.
Apollo e Dionisio
Quanto alla seconda domanda la questione è più complessa e necessita di strumenti interpretativi attingibili dalla cultura filosofica. Uno dei più utili mi sembra si possa far risalire alle categorie nietzschiane del dionisiaco e dell’apollineo che il filosofo tedesco espone nella sua prima opera di indiscussa portata filosofica che è La nascita della tragedia del 1871. Il motivo centrale dell’opera è la distinzione tra «apollineo» e «dionisiaco », i due impulsi fondamentali dello spirito e dell’arte greca. Il primo, caratterizzato dall’armonia e dall’equilibrio delle forme ha permeato di sé soprattutto l’arte plastica, mentre il secondo che è entusiasmo, ebbrezza, esaltazione, si è espresso soprattutto nella tragedia e nella musica. Alla irrazionalità e al dolore dell’esistenza, trasmesso loro da Dionisio, gli antichi greci, secondo Nietzsche, avrebbero reagito con la tragedia attica di Eschilo e di Sofocle, in cui l’ispirazione fondamentalmente dionisiaca si trasfigura con la mediazione dello spirito apollineo ed il senso del vuoto si traduce in forme equilibrate attraverso le mitiche immagini degli eroi. Il dionisiaco sarebbe quindi il carattere originario della civiltà greca, l’apollineo dovrebbe essere nato in seguito dal tentativo di porre un argine al caos irrazionale, dallo sforzo di sublimare l’indistinto nella forma. Questi due impulsi avrebbero trovato un miracoloso equilibrio nella tragedia di Eschilo e Sofocle, dopo aver vissuto distinti e separati nella Grecia arcaica. All’interno della tragedia l’elemento apollineo è rappresentato dalla vicenda dell’eroe, mentre quello dionisiaco dalla musica e dalla danza del coro che sono la parte più antica della tragedia. Sempre secondo Nietzsche l’equilibrio delle due componenti sarebbe stato rotto da Socrate propugnatore della razionalità e di una morale dell’autocontrollo. Socrate, seguito in questo dal Cristianesimo, avrebbe soppresso la vitalità del dionisiaco e dato avvio ad un processo di decadimento della cultura privilegiando unicamente la dimensione apollinea. All’interno della tragedia attica questa operazione sarebbe stata compiuta da Euripide: le sue opere portano sulla scena non più l’eroe il quale, fosse Prometeo o fosse Edipo, non era altro che una maschera di Dionisio, ma l’uomo comune anzi lo spettatore, la mediocrità. In questo modo Euripide avrebbe ucciso la tragedia.
Il dionisiaco in Massoneria
A prima vista si potrebbe pensare che anche nell’arte massonica si sia privilegiato lo spirito apollineo e sacrificato quello dionisiaco. Come detto l’architettura, la scultura e la pittura, arti abbondantemente rappresentate nell’universo massonico, sono arti apollinee dove prevalgono serena armonia, proporzione equilibrata, quiete olimpica, sogno ed illusione, che nascondono ed allontanano il senso del tragico della vita. Tuttavia secondo me tale impressione può essere contraddetta proprio accennando ad una presenza significativa della tradizione del jazz nella Libera Muratoria. Malgrado sul tema in questione non esista una benché minima bibliografia alcune semplici considerazioni ci sembrano sufficienti per avvalorare la presenza di una dimensione dionisiaca nel mondo massonico. Pensiamo innanzitutto al contesto dei club, dei bar, dei music-hall nei quali la musica jazz si è sviluppata. Si tratta di ambienti «dionisiaci» nei quali si sente pulsare la vita allo stato puro.
Le caratteristiche stesse di questa musica ci inducono a pensare ad un collegamento stretto con il dionisiaco. Si sa che il jazz è una musica che si costruisce nell’improvvisazione o nel momento stesso dell’esecuzione. È vero che esiste una musica scritta predefinita, tuttavia l’opera non è mai riducibile alla codificazione della partitura. In altri termini nel jazz non esiste un modello a cui conformarsi fedelmente. Paradossalmente nel jazz si è tanto più fedeli all’opera quanto più si sarà in grado di eluderne il dettato. Nel jazz l’opera non è mai conclusa ma è tesa ad un costante ed infinito rifacimento. Il metodo massonico presenta delle analogie strutturali sorprendenti con questo stile. Ma cos’altro è l’essere umano per il Massone se non un farsi e rifarsi mai pago del proprio lavoro di sgrossamento della pietra grezza? Come nel jazz non basta leggere in modo corretto lo spartito, così anche nelle Officine massoniche non è sufficiente conoscere il contenuto di libri sulla Massoneria per capire la sua natura. Solo ascoltando le esecuzioni e gli assoli di un Coltrane, di un Parker o di un Davis si potrà cogliere l’anima di quella musica. Allo stesso modo in Massoneria solo frequentando assiduamente l’atmosfera delle Logge e dei Templi si potrà dire di aver capito qualcosa dell’Arte, di avere in qualche modo intuito il suo segreto. D.B.