Il Coraggio Civile

Il coraggio uno non se lo può dare, osserva il Manzoni per bocca del suo Don Abbondio, uomo questi non ricco non nobile e coraggioso ancor meno. Ma in fondo cos’è questo coraggio?

L. M. – Loggia Helvetia, Bellinzona (Revista massonica svizzera novembre 2010)

P latone nella sua Repubblica, lo enumera tra le quattro virtù (diventate poi cardinali) con questa definizione “é l’opinione retta e conforme alla legge su ciò che si deve e su ciò che non si deve temere”. Per Aristotele è virtù etica ed è il giusto mezzo tra la paura e la temerarietà. Non scomodiamo né Cicerone né Tommaso per ulteriori definizioni del coraggio, quanto detto basti ad avviare questo modesto discorso sul coraggio civile, merce che sembra sempre più rara in questi tempi maliziosi più sensibili all’ avere che all’essere. Dei moderni diremo oltre se sarà utile. Il coraggio civile è innanzitutto l’onestà di esprime la propria opinione e sostenere la propria idea davanti a tutti anche inmomenti e luoghi ostici e difficili.

II Massone deve sempre tener presente che è chiamato, a norma delle nostre Costituzioni e Doveri, ad essere cittadino leale e rispettoso del potere civile e delle leggi vigenti nel paese in cui vive ed opera. Non dimenticando mai il nostro principio di tolleranza di libertà che è la facoltà di compiere o non compiere certi atti a seconda della determinazione della nostra volontà nel rispetto appunto delle leggi e della libertà altrui.

Qui si innesta il coraggio civile di partecipare nel tumulto del mondo a quella vita chiamata “pubblica” per apportare con umiltà, discrezione, perseveranza e con coraggio la visione massonica del dovere, della libertà della tolleranza per il buon governo del paese. Lessig nei suoi DiariMassonici, considera che dove c’è la società civile ivi si trova la Libera Muratoria e viceversa. L’uomo è chiamato per diritto e dovere naturale a vivere e convivere in una società, qualunque essa sia. Solo il malvagio è solo. Noi che apparteniamo alla Massoneria facciamo in modo allora di essere Massoni veri. Senza voler rivoluzionare i massimi sistemi impegniamoci giorno per giorno, all’ interno di questa nostra società civile e non solo in Loggia, dove tutto è più facile, lineare e condiviso, ad operare, umilmente, modestamente, con rettitudine e perseveranza a dare il nostro contributo con forza e vigore di cittadino-Massone affinché questa nostra società civile schiava ormai del cosiddetto benessere, possa migliorare. L’universalità è la sostanza stessa della Massoneria che sorregge i cittadini e lo Stato, tra libertà e giustizia. Questo può avvenire se noi abbiamo, grazie ai principi massonici, migliorato noi stessi e applicato il principio della tolleranza che nasce dal rispetto versogli altri e la capacità di dialogare nella consapevolezza di aver bisogno gli uni degli altri per esistere. II coraggio civile è anche quello di essere discordi dal parere degli altri, questo non vuol dire combattere la visione altrui, ma aggiungere la nostra alla loro per avere un giudizio piùcompletoeconvincenteper tutti. Talvolta è vero,èmolto più semplice tacere, “passare l’acqua bassa” per avere meno fastidi, schivare guai, sposare il quieto vivere specialmente di fronte alla cosiddetta maggioranza dominante.

Giorgio Bocca nel suo Annus Horribilis, fresco di stampa, osserva: “nel 1931 il fascismo aveva imposto ai milleduecento professori universitari un giuramento di fedeltà al regime. Solo dodici rifiutarono; quei dodici salvarono l’onore d’Italia.” Si vede dunque che non sempre la quantità è simbolo di saggezza di verità e d’onestà.

Ecco perché si deve avere il coraggio di dire di no anche quando si sa che non serve a niente. Come ben sappiamo contro la forza la ragion non vale (Metastasio). Se è vero come è vero che come Massoni siamo uomini liberi dobbiamo sentirci investiti dell’obbligo di essere di buon esempio, affidabili e pronti a dare, senza paura e senza remore, il nostro contributo alla società di cui facciamo parte. Favorire il benessere di ciascuno per la prosperità di tutti. Questo è il nostromodo sicuro di esprimere il nostro coraggio civile.

E’vero, non sempre è facile essere attivi, leali e liberi, il nostro “particulare”ci vieta di esprimere cose che potrebbero rivoltarsi contro di noi. ll quieto vivere, l’interesse e magari l’indifferenza ci impone di voltarci dall’altra parte di fronte ad un atto vessatorio, ad un abuso,specialmente quando è il forte che soverchia il debole. In fondo chi ce lo fa fare anche se poi per qualche tempo è meglio non affrontare il giudizio dello specchio. Di fronte a queste nostre omissioni troveremo sempre delle scusanti. È pur vero siamo persone umane con le nostre debolezze e paure, non si può sempre lanciare l’anatema della viltà.

Dante, nella sua passeggiata agli Inferi, ricorda di aver visto ‘l’ombra di colui che per viltade fece il gran rifiuto” probabilmente il sommo poeta erra calando un sì forte ed irrevocabile giudizio su l’eremita Pietro del Morrone diventato papa con il nome di Celestino quinto che poi rinunciò al papato. A tal proposito basta leggere Le Avventure di un Povero Cristiano di Ignazio Silone per mitigare di molto il giudizio su questo uomo. Calvino fece bruciare Miguel Serveto negatore della Trinità invocando il codice di Giustiniano, ma predicò anche I’autonomia della persona e la virtù della parsimonia, della puntualità e della sincerità in una visione di solidarietà sociale.

Come si vede, noi Massoni, figli dell’illuminismo filantropico, sía nel giudicare che nell’assolvere o nel condannare dobbiamo essere prudenti, comprensivi, attenti ai valoriumani, ricordandoci delle miserie nostre e delle debolezze altrui. Bisogna essere giusti, coniugare la severità con il perdono, la superiorità con l’amore, accompagnare la rettitudine con la carità. Ci sia di guida, in questi casi, la prima lettera di Paolo ai Corinzi .

Queste scarne e scontate righe possono apparire a qualcuno insufficienti per una compiuta disamina dell’argomento Coraggio Civile. Comunque ritengo superfluo dire di più perché li priverei del piacere della ricerca e dello sgomento della Verità perché dove c’è conoscenza c’è dolore, ricordandoci sempre che il demone dell’ignoranza è il solo nemico della libertà dell’uomo.