GADU: dogma o libera interpretazione?

La risposta alla domanda, oggetto della presente riflessione, è, a nostro avviso, articolata e non può ridursi a una semplice scelta esclusiva. Si potrebbe rispondere che il GADU è un po’ l’uno e un po’ l’altra: In che senso? Vediamo di capirlo.

L., S., F. e F., Loggia Brenno Bertoni, Oriente di Lugano.

La complessità del problema.

Su quale argomento l’uomo ha discusso e indagato di più che sulla figura di Dio? E su quale argomento ha scoperto e concluso di meno? Dio non è solo materia da teologi o filosofi, è motivo di riflessione per tutti noi. Chi nella vita prima o poi non si è posto il problema di Dio? Il tema è di una complessità tale da scoraggiare la ricerca anche del più agguerrito e tenace dei pensatori. Eppure, se è difficile trovare una risposta, è ancor più difficile riuscire a rinunciare a trovarla. E’ così che l’uomo dalla sua comparsa sulla terra si dibatte sul problema di Dio, senza arrivare a soluzioni sicure e convincenti. Molti per fede (o per rassegnazione) accettano le risposte che le varie religioni propongono. Se ci si colloca nella prospettiva religiosa, infatti, troviamo tutte le risposte che cerchiamo. Non solo riceviamo la conferma dell’esistenza di Dio,ma addirittura ne abbiamo un profilo. Ogni religione, quale più quale meno, ci dice chi è Dio, cosa bisogna fare per obbedire ai suoi precetti, quindi come ci si deve comportare. Se si accetta la Verità rivelata, tutto diventa chiaro e finalmente trovano risposta i grandi interrogatovi esistenziali dell’uomo: chi siamo, da dove veniamo, dove siamo destinati ad andare, se avremo un premio o un castigo eterno, cosa possiamo fare e cosa non possiamo fare. Posto che la ragione umana, dati i suoi limiti, non è in grado di dimostrare l’esistenza di Dio e tanto meno la sua natura, all’uomo non resta che accettare le risposte della fede L’alternativa è quella di vivere rassegnandosi a non sapere perché si è al mondo: ci sono e tanto basta, forse un giorno scoprirò la verità. Tra la fede del credente e i dubbi dell’agnostico, pare non si possa avere una terza posizione. Forse il pensiero massonico cerca di individuare un percorso intermedio, che riesca a far raggiungere a chi si colloca in questo solco la serenità del credente, senza perdere di vista le riserve dell’agnostico. Il cammino massonico è irto di difficoltà, ma nel suo procedere è lineare. Riprendendo il pensiero deista di illuministica memoria, il massone concepisce il Divino come un’entità reale ma in conoscibile. Riconosce quindi l’esistenza di Dio, ma non lo identifica con alcuna delle figure di Dio delle religioni rivelate. E’ convinto che Dio esiste, ma è altrettanto convinto che non si sia mai rivelato, non sia mai sceso sulla terra, non si sia mai fatto uomo, quindi non è disposto a far coincidere la sua immagine di Dio con il Dio dei cristiani o dei musulmani o degli induisti o di alcuna altra religione. Fin qui, niente di nuovo o di originale. Qualcuno osserverà che si tratta di una posizione già degli illuministi e in generale dei deisti. Vediamo allora di mettere meglio a fuoco la peculiarità massonica. L’originalità del pensiero massonico non sta quindi tanto nella concezione di Dio e neppure nella sua caratterizzazione come Grande Architetto Dell’Universo, immagine analoga a quella del demiurgo platonico, grande artefice del cosmo. L’essenza più profonda e più esclusivamente massonica sta nel percorso di avvicinamento a Dio. Quanto alla sua immagine, la simbologia del triangolo richiama alla lontana la concezione trinitaria del Dio cristiano, ma può evocare anche la perfezione pitagorica connessa al numero tre, che si esplica nella piramide della tetraktys, costituita da 10 punti collegati tra loro a formare un triangolo equilatero, a sua volta costituito da nove triangoli equilateri (anche il 9 non è un numero casuale, è il 3 che moltiplica se stesso, quindi la perfezione della perfezione). Si potrebbe andare avanti su questo terreno e scopriremmo forse sorprendenti analogie tra il GADU massonico e concezioni del Divino già elaborate nell’antichità. Si potrebbe anche indagare sulla simbologia del tre e approfondire il tema delle tre dimensioni in cui si esplica il potere di Dio, ma preferiamo condurre la riflessione in altre direzioni, più marcatamente massoniche. Più della mèta, sulla quale peraltro si potrebbero avanzare solo congetture, ci sembra interessante il percorso per raggiungerla. Su questo punto il pensiero massonico è veramente illuminante. Quindi in questa breve riflessione non ci occuperemo tanto della caratterizzazione del GADU, quanto piuttosto della sua ricerca, non tanto del chi è ma del come ci si arriva.

La ricerca del GADU: i due cardini del credo massonico.

Nella visione massonica, il GADU è il principio generatore del creato. Non trattandosi di un Dio che si è rivelato per mezzo di profeti o scritture, sta al credente declinarne gli insegnamenti e la dottrina egli ci invia, molto spesso in forma di simboli. Partiamo dal carattere del GADU come Architetto e domandiamoci (è una domanda antica come l’uomo) perché ha costruito l’Universo, scartata la sua formazione per pura casualità, in quanto tale meccanismo escluderebbe in partenza l’intervento del GADU. Se facessimo nostra questa ipotesi, arriveremmo all’inevitabile conclusione che la Natura si è autogenerata e finiremmo quindi per identificare la Natura con Dio, giungendo al panteismo, che confina con l’ateismo. Non a caso i non credenti scrivono solitamente la parola natura con la ‘N’ maiuscola. Poniamo come ipotesi di lavoro, ma più propriamente come atto di fede, l’esistenza di un Creatore universale, cui diamo il nome di GADU. Se non ha creato il mondo per caso o per capriccio, dobbiamo concludere che la creazione sia stata un atto intenzionale, anche se non dovuto: Dio poteva anche non creare l’universo, l’ha voluto creare. Questa concezione, del resto, è quella propria del cristianesimo. Ma qui veniamo al punto centrale della riflessione. Se l’ha voluto creare, perché l’ha fatto? La risposta che ci piace di più (non sappiamo se sia quella giusta, ma è quella più ricca di conseguenze positive) è per compiere un atto d’amore. Anche su questo punto siamo in piena sintonia con la visione cristiana. Aggiungiamo ora un’altra considerazione, che forse ci allontana alquanto dall’interpretazione religiosa tradizionale. Dio ha dotato l’uomo dell’uso della ragione. Si tratta di una strumento imperfetto, potremmo quasi dire di un’arma a doppio taglio, capace di farci intuire delle verità, di farci avvertire il bisogno di sapere, ma non sempre in grado di soddisfare tale bisogno. Pur nella sua limitatezza e fallibilità, la ragione è l’unico strumento che possediamo per indagare sulla realtà che ci circonda. Grazie alla ragione, abbiamo fatto nella storia passi da gigante, anche se il cammino del sapere è ancora lungo, forse infinito. L’indicazione che possiamo trarre da queste considerazioni preliminari è che se Dio ci ama e ci ha dotati di un determinato strumento di indagine, visto che è onnipotente e tutte le scelte erano a sua disposizione, ne dobbiamo dedurre che abbia operato la scelta migliore e, stante il fatto che ci vuol bene, più utile a noi. Quindi siamo tenuti a servirci di questo strumento e a credere in ciò che ci consente di scoprire, altrimenti dovremmo concludere che Dio ci ha ingannati, dotandoci di uno strumento fallace. Il massone condivide questo percorso e utilizza in primis lo strumento della ragione, sia nella dimensione collettiva della seduta di loggia e del confronto di posizioni, sia nella dimensione individuale della riflessione personale.

La componente razionale non è tutto però. Esiste anche il piano morale. Non avendo ricevuto la parola diretta del GADU, che nella concezione massonica non si è mai manifestato all’uomo, partendo dal presupposto che la creazione sia stato un atto d’amore, il ‘fedele’ deve cercare di coltivare al massimo grado questo valore. E come? Strutturando e rispettando un codice morale che regoli i suoi rapporti con Dio, gli altri suoi simili e se stesso. Riflessione ed eticità risultano perciò essere i due cardini del credo massonico, elementi indissolubili della sua ricerca interiore, potremmo dire due facce della stessa medaglia.

Il valore del simbolo.

Il percorso di ricerca quindi si configura come un ascendere verso gradi di perfezione sempre più elevati, pur nella consapevolezza che la perfezione assoluta è irraggiungibile. L’ascesa pertanto è una linea di tendenza pur non avendo una mèta raggiungibile. Il metodo di ricerca massonico esalta il valore del simbolo. Anche questa non è una novità in senso assoluto, se pensiamo che la religione tradizionale e il mondo delle credenze medioevali sono ricchi di simboli. Si può individuare nel simbolo un efficace strumento di rappresentazione o meglio di intuizione di verità particolarmente profonde e complesse: ciò che la ragione stenta a recepire, il simbolo riesce a rappresentarlo con la folgorazione dell’intuizione e la suggestione della metafora. Si è già accennato alla simbologia del triangolo con cui viene rappresentato il GADU, ma si può individuare anche nel compasso, che figura tra i primi strumenti della simbologia muratoria, il valore della perfezione cui tende la ricerca interiore massonica. Una perfezione irraggiungibile, com’è irraggiungibile la misurazione esatta del cerchio e di tutte le figure geometriche piane e solide che ne derivano. In tutte è presente la costante π, che è un numero infinito. La simbologia accompagna tutti i rituali massonici, al punto da costituirne l’elemento qualificante, anche agli occhi dei profani. La riservatezza delle sedute di loggia, che avvengono a porte chiuse e sotto vigilanza, ma soprattutto i contenuti della ricerca e del confronto costruttivo tra varie posizioni, costituiscono l’apparato esoterico della massoneria, a volte equivocata per una setta di cospiratori o di praticanti dell’occultismo. Niente di tutto questo, anche se non si può negare che il clima di riservatezza che circonda le sedute di loggia può apparire un clima in cui si tramano oscuri disegni. Semmai è vero il contrario. I fratelli, proprio in nome di quella eticità cui si è appena accennato, perseguono il bene spirituale e materiale, proprio e altrui. L’apertura al mondo esterno è un dato innegabile, anche se viene privilegiata la comunicazione e la solidarietà all’interno della grande famiglia massonica. Quindi, concludendo, il percorso di perfezionamento interiore, che tende al raggiungimento del bene per sé e per gli altri, è parte integrante dell’agire massonico, ispirato alla somma bontà e perfezione, proprie del GADU, il grande artefice del mondo, sconosciuto e inconoscibile, ma vivo e presente nelle coscienze di coloro che cercano di raggiungerlo. Il GADU pertanto, pur nella sua impenetrabilità, è motore di ricerca del bene: non sappiamo chi è, ma sappiamo che c’è, anche se la nostra certezza sulla sua esistenza è di tipo prettamente dogmatico e non oggetto di possibili dimostrazioni filosofiche o scientifiche. Concludendo e tornando alla domanda iniziale, si potrebbe dire: è un dogma l’esistenza di Dio, è libera interpretazione la sua natura.