Divagazioni sulle stelle

Sconfinato tema quello delle stelle. Non solo perché c’invita a gettare un ammirato sguardo nel cosmo infinito, ci fa tornare ancor oggi a ragionare sull’Universo cercando d’immaginarne l’origine, o più genericamente ci cattura nella curiosità del conoscere. Ma anche perché, sostanziandosi in un simbolo, arricchisce la gamma di quelli che sono patrimonio della Massoneria.

S. L., Loggia Il Dovere, Lugano

L’immaginazione e i miti

Mi limiterò a una scorribanda – divagazione, appunto – tra gli spunti attinenti alle stelle che affiorano alla mia mente, senza perseguire uno scopo didascalico, bensì solo per suscitare stimoli alla riflessione e non toccherò la sostanza simbolica che il simbolo stella racchiude per noi massoni. Spero non Vi sia sgradito seguirmi. Leggendo il primo libro della Bibbia apprendiamo che Dio, nel secondo giorno della creazione, creò il “firmamento”, o cielo (Gen., 1,7-8); nel quarto giorno creò “i luminari nel firmamento del cielo” e cioé “il luminare maggiore per presiedere al giorno, il luminare minore per presiedere alla notte, e le stelle” (Gen., 1,14-19). Da tali specifiche nozioni fondamentali, intese come parole di Dio – quindi con valore di dogma – l’indagine profana fu intralciata per molti secoli ad opera del magistero delle gerarchie religiose quando volle cimentarsi nell’analisi e nell’ aggiornamento delle teorie cosmologiche più antiche concepite dai filosofi. Infatti – fin dalla Preistoria – gli uomini, levando gli occhi al cielo notturno avevano osservato con interesse le stelle cominciando a discernere le loro particolarità percepibili. Così, indagando gli innumerevoli punti di luce nelle tenebre, supposti di uguale sostanza anche se differenziabili a occhio nudo per grandezza e luminosità, i sapienti d’ogni etnia avevano cercato di comprenderne la natura e formulato le prime ipotesi cosmologiche, che a noi oggi appaiono rudimentali benché geniali. Mentre il sapere filosofico rimaneva confinato nella cerchia dei dotti, quello popolare si diffondeva fra le genti: il primo si sviluppava secondo gli schemi della ragione, il secondo – invece – con il sentimento dell’immaginazione. Con susseguenti, reciproche contaminazioni. Il sentimento in questo caso coincide con la superstizione e conduce al mito, definibile come insieme fondamentalmente turbinoso di credenze idolatriche, o addirittura di escrescenze mentali primigenie, preistoriche, tribali, alla loro maniera spesso infantili e talvolta amorali.

A occhio nudo l’esplorazione del cielo non poteva vertere che sul numero, la grandezza apparente, la luminosità relativa, la posizione e distribuzione areale nonché il moto delle stelle (corpi celesti, astri) fino a quando dispose solo d’un corredo di strumenti molto semplici, cioè traguardi abbinati a goniometri azimutali e zenitali. L’ultimo, quindi il più perfezionato, apparato di tale generazione – l’astrolabio – cadde gradualmente in disuso dopo la messa a punto dell’occhiale galileiano (1609): come strumento nautico venne sostituito dal sestante mentre l’occhiale – o cannocchiale – ebbe fin dall’origine la sola funzione di strumento di ricerca astronomica, fu sviluppato come telescopio rifrattore da ottici olandesi ed affiancato in seguito dal telescopio riflettore inventato da Newton.

La ragione filosofica e scientifica

L’impiego dei telescopi nella ricerca astronomica comportò innanzitutto la scoperta della fisicità delle stelle: allo stato solido alcuni – non tutti – i pianeti con i rispettivi satelliti, allo stato fluido gli astri. Fondamentalmente significative in questo senso furono le prime scoperte effettuate da Galileo con il Suo occhiale: i mari della Luna, i satelliti di Giove, gli anelli di Saturno e le macchie solari. Spiccata importanza venne da sempre attribuita al luminare diurno – il Sole – ed, in secondo rango, a quello notturno – la Luna – con particolare attenzione alle rispettive, opposte caratteristiche – luce calda/fredda, mobilità di ritmo costante/mutevole – coll’accreditare loro virtù proprie delle divinità delle religioni idolatriche.

Nella realtà visuale di sempre la stella è un punto luminoso; la sua rappresentazione grafica e pittorica la trasforma in un poligono stellato nel quale le punte – che nel disegno possono essere al minimo tre – rendono l’idea dell’irradiazione luminosa fredda. I disegni di stelle divenuti più comuni presentano cinque o sei punte. La rappresentazione del sole, invece, è caratterizzata da un numero molto grande di punte serpeggianti come fiamme, essendo calda la luce solare. La luna, invece, si differenzia per il suo aspetto mutevole da disco circolare a sottile falce, privo della corona di punte perché riconosciuta dispensatrice di luce riflessa, fredda, immota. La volta celeste ruota lentamente, quasi impercettibilmente, imperniata sulla Stella Polare, mantenendo immutata la distribuzione spaziale delle cosiddette “stelle fisse” e funge da sfondo ad un gruppo di “luminari” erranti – i pianeti – che fin dai primi osservatori del cielo furono identificati e battezzati. Nel mondo culturale classico ricevettero i nomi di alcune divinità: Mercurio, Marte, Venere, Giove.

Nella volta celeste furono distinti raggruppamenti di stelle di disegno invariabile detti costellazioni e denominati, seguendo l’ispirazione pittorico-poetica, dagli osservatori del cielo dell’antichità classica con nomi di personaggi mitologici o di animali. Gli Egiziani e gli Arabi dispensarono altri nomi pertinenti ai rispettivi mondi mitologici per identificare costellazioni e astri singoli.

n sostanza gli abitatori della Terra, dai più antichi, o addirittura preistorici, fino a quelli d’epoca tardo-medioevale e proto moderna, concepirono e definirono un concetto di stella che conglobava tutti i corpi celesti in un’unica categoria di entità immateriali, dotate di prerogative divine che conferivano loro il potere d’influenzare gli eventi terreni. E questo potere consisteva in una valenza idolatrica tale da inscrivere nel DNA – come si direbbe oggi – caratteristiche mentali e fisiche qualificanti la personalità d’ogni individuo all’atto della nascita, variabili in funzione del momento e del luogo della “venuta al mondo”. Lo scibile attinente era ed è rimasto di competenza dell’astrologia, originata forse dalle speculazioni della scuola pitagorica, sviluppata come scienza persino da genî come Copernico, Keplero, Galileo e Newton ma oggi tollerata come pseudo-scienza dal mondo accademico e condannata come superstizione da quello vaticano. In particolare le dodici costellazioni individuate lungo l’equatore celeste nella successione di periodo annuale costituente lo Zodiaco rappresentano gli elementi- base della teoria astrologica, sistema complesso quanto suggestivo, che citiamo solo per sottolineare uno dei significati profani del simbolo “stella”.

Alcuni simboli delle stelle

Altri significati profani ci sono suggeriti dalla comparsa singola o multipla di stelle nelle bandiere nazionali, nei gradi militari, nei blasoni nobiliari, nelle classifiche di qualità, sempre per esprimere grado di eccellenza, attinenza con valori immateriali, attitudine superna.

Del significato e del valore della stella Sole come simbolo-guida possediamo già numerose nozioni che coinvolgono i concetti di misura del tempo – mezzogiorno e mezzanotte, equinozio e solstizio – e di orientamento – Est, Ovest – pertinenti, però, con minore evidenza anche alle stelle. In particolare la Stella Polare appartenente alla costellazione dell’Orsa Minore è, durante la notte, il punto di riferimento del Nord per chi – nell’emisfero boreale, come noi – ha bisogno di un ausilio per dirigere i propri passi nell’attraversare un deserto o per volgere la prua della nave se si trova in mare aperto. Varie altre stelle, molto probabilmente, funsero da riferimento astronomico per i viaggiatori di terra, di mare e di cielo fino all’avvento recente degli strumenti attuali di localizzazione geografica basati su elaboratori, radar e satelliti artificiali. Come l’Uomo e prima dell’Uomo gli uccelli migratori si servirono dell’immagine della volta celeste notturna per dirigere i loro voli di trasferimento: in essi l’istinto registrò e selezionò – inscrivendole nel DNA – le immagini del firmamento che corrispondono ai segnali di partenza delle migrazioni e al quadro dei riferimenti in esso reperibili per dirigere la rotta di volo. L’osservazione della Natura ha nutrito e arricchito le conoscenze umane in tutti i campi: ne abbiamo ogni giorno la conferma dall’esito della ricerca scientifica, che conduce allo sfruttamento delle risorse per gli scopi più vari.

Le stelle sono state per secoli la guida notturna del viaggiatore ed hanno acquisito perciò come simbolo il valore di ausilio necessario per il riconoscimento della retta via. Volgiamo perciò lo sguardo al cielo nei momenti di smarrimento, ma anche quando non siamo in angustie, per accogliere il messaggio di serenità e di saggezza che la luce ci reca dalle distanze astrali.