Crescita spirituale in Massoneria
Vi è un concetto, diventato ormai un adagio per coloro che hanno avuto a che fare sia con lo studio della psicologia cognitiva sia con l’insegnamento che, puntualmente, ritorna e costituisce spesso fonte di appassionanti discussioni: “L’ontogenesi è il rifacimento della filogenesi”. Ovvero, nel suo breve tracciato di vita e in ogni suo più piccolo segmento, l’individuo (ontogenesi) riproduce fedelmente una forma miniaturizzata di quanto ha determinato ogni tappa dell’evoluzione della specie (filogenesi).
A. G., «Veritas», Locarno (Revista massonica svizzera marzo 2010)
Come se, ogni qualvolta una madre ed un padre assistono all’apparizione della prima parola pronunciata dal loro figlio, si riproducesse quel piccolo ma infinitamente significativo miracolo che ha segnato l’analoga apparizione del linguaggio nella storia dell’Umanità. Oppure, come se la nascita di ogni individuo ci invitasse ad interrogarci sull’Origine stessa della Vita e, da un punto di vista Massonico, sul senso profondo dell’Iniziazione. Alcune domande sorgono però spontanee: quali sono i meccanismi che hanno favorito sia lo sviluppo dell’individuo sia lo sviluppo dell’intera umanità? Quali sono i fattori che determinano la crescita ed il progresso? Affronteremo questo importante argomento partendo dalle teorie psicologiche dello sviluppo e, successivamente, tenteremo di sollevare qualche importante spunto di riflessione in relazione sia alla crescita personale del singolo Massone sia alla crescita corale e condivisa dei Fratelli che compongono l’Officina.
Crescita personale, sviluppo e rapporti con l’ambiente
Molti sono gli autori che hanno affrontato il tema dell’evoluzione dell’essere umano. Per lo più appartenenti al dominio della Psicologia e della Biologia – tentando di mettere un po’ di ordine tra le varie correnti – i pensatori che hanno voluto vedere nella cognizione l’aspetto principe dell’evoluzione, possono distribuirsi in tre categorie ben distinte che corrispondono ad altrettante prospettive scientifiche.
• Una prima prospettiva fa dipendere l’evoluzione dell’essere umano dalla pressione costantemente esercitata su di lui dall’ambiente circostante. Considerando che, alla sua nascita, l’essere umano è una “tabula rasa”, tale prospettiva pone l’accento su meccanismi di apprendimento e di condizionamento i quali, in virtù del costante esercizio e della ripetitività, spiegherebbero il suo progresso, la sua crescita e la sua evoluzione individuale.
• All’opposto, una seconda prospettiva, considera che l’essere umano nasce già completamente equipaggiato, grazie alle trasmissioni dell’eredità e, più in generale, alle leggi della genetica fin qui conosciute. L’ambiente circostante, in tal senso, fungerebbe da elemento stimolatore capace di fare emergere o attivare condotte che in qualche modo sono già scritte nella logica dell’eredità, comprendendo altrettanto il progresso già preventivato al loro interno.
Una terza prospettiva, invece, mira a coniugare le due precedenti, facendo appello ad una costante interazione tra eredità ed ambiente sfociante in una serie di modificazioni dell’uno e dell’altro che sarebbero, per quella via, fonti della crescita e del progresso dell’individuo.
Osserviamo che, malgrado le fondamentali differenze di prospettive, i sostenitori delle teorie dell’adattamento e dell’evoluzione tengono in considerazione i possibili rapporti di interscambio tra Individuo e Ambiente. Vorremmo anzitutto chiarire quali siano i motivi che ci spingono ad affrontare un tale argomento in chiave massonica. A ben guardare, l’idea stessa di relazioni tra individuo e ambiente potrebbe risultare quantomeno ‘stridente’ se applicata ad un Ordine Iniziatico che, da secoli, si fonda sulla riservatezza e che, vivificando attraverso il Rito una Tradizione millenaria, è riuscito a sopravvivere in modo quasi intatto a modificazioni Sociali e Culturali paradigmatiche e, addirittura, a tentativi di eliminarlo (vedi, ad esempio, le ordinanze fasciste del “ventennio”). Il tema dei rapporti tra Individuo e Ambiente o, meglio, tra Massoneria e contesto sociale non è quindi così scontato come potrebbe sembrare.
Indagine e introspezione
Che cosa c’entra tutto questo con la Massoneria? Una prima risposta potrebbe prendere avvio dalla suggestione seguente. Poniamoci nella prospettiva della teoria dell’evoluzione dell’individuo e allarghiamola però alla sfera dell’appartenenza all’Ordine Massonico: dobbiamo porci – oggi più che mai – una serie di domande circa le possibili inter-relazioni tra, da una parte, la nostra storia individuale, il nostro percorso massonico individuale, il percorso massonico della nostra Loggia e della nostra collettività massonica e, dall’altra, una società che non sta certo dando prova di saper mantenere inalterati ed intatti quei valori nei quali, al contrario, vogliamo continuare a credere. Se li lasciassimo decadere, verrebbe parallelamente a mancare tutta l’impalcatura storico-filosofica che ha reso grande il nostro Ordine nel corso della storia. Quali sono, quindi, le possibili vie da percorrere affinché la Massoneria possa continuare a svolgere quel ruolo di Centro Iniziatico che, pur permanendo nella sua storica prerogativa di riservatezza, possa dare il suo contributo alla costruzione di un mondo migliore e più giusto? Una seconda suggestione che ci preme sottolineare è la seguente: se la Massoneria corrisponde veramente ad un percorso di perfezionamento di se stessi, se Noi Massoni facciamo veramente fede all’acronimo V.I.T.R.I.O.L., coniato da Paracelso, e se, a partire dalla nostra Iniziazione, siamo veramente messi nella condizione esistenziale di procedere costantemente alla conoscenza del nostro Sé ed all’analisi della nostra vita interiore, allora dovremmo anche ammettere che il nostro impegno massonico è profondamente vicino al lavoro di introspezione generalmente richiesto dalle teorie e dalle pratiche psicologiche più accreditate. È infatti nostra convinzione che non vi sia nulla di più vicino alla Massoneria se non il metodo di indagine di questi modelli di pensiero; metodi che richiedono impegno, fatica, sofferenza e dolore e che, nel contempo, non offrono – ahimè! – risultati immediati, monetizzabili o quantificabili, e quindi certamente molto ‘costosi’ dal punto di vista dello sforzo profuso e delle energie investite. Sappiamo però tutti molto bene quale sia il senso della Promessa Iniziatica fatta a suo tempo ed i contenuti che l’accompagnano! Un’ulteriore annotazione riguarda non tanto l’incremento di uomini che Bussano alla porta del Tempio, quanto piuttosto Fratelli che dimissionano dall’Ordine o – in qualche caso – ne sono stati addirittura allontanati. Tale osservazione, lungi dal voler operare un esame retrospettivo, non può che far sollevare alcuni quesiti di fondo circa un’eventuale mancanza di capacità (o competenza acquisita) – da parte delle Logge – nel saper gestire le crisi dei loro Fratelli o nel non aver saputo ascoltare e comprendere le perplessità espresse da taluni fra loro, probabilmente più devoti alla Massoneria di quanto non potessimo immaginare. Considerando, inoltre, che nella nostra società moderna termini come “crescita”, “progresso”, “implementazione delle conoscenze” (ed altri analoghi orrori linguistici) sono sulla bocca di tutti, dovremmo davvero chiederci come sia possibile che l’Ordine Massonico, pur permanendo immerso nei valori di un’Etica e di una Morale antica, mirando all’introspezione e ad una filosofia dell’Essere e dell’Amore, possa ancora credere di operare per il Progresso e per il bene dell’Umanità all’interno di una modernità che continua a produrre disuguaglianze, dislivelli tra ricchezza e povertà, nonché violenze di ogni genere. Di conseguenza dobbiamo chiarire da subito quale sia il significato attribuito dalla Massoneria all’idea della crescita e dello sviluppo personale e, soprattutto, in che cosa questi si distinguano dalla loro applicazione nel mondo profano.
Intelligenza e affettività
Vorremmo a questo punto proporre al lettore la succinta esposizione di un modello, fra i tanti proposti nell’ambito delle teorie evolutive, apparso in Francia verso la prima metà del secolo scorso ad opera del grande pensatore francese Henri Wallon (Parigi 1879-1962, medico, psicologo, filosofo e politico). Da qui è nostra intenzione mettere in rilievo alcuni spunti di riflessione che essa offre alla Massoneria, soprattutto per quanto riguarda la crescita personale, il rapporto con l’ambiente e, più in generale, con il difficile contesto sociale attuale. Wallon propone una teoria dello sviluppo della personalità che si basa sulla successione di stadi consecutivi. Nulla di nuovo, considerando che molti altri autori dell’epoca e anche successivamente fanno appello all’analogo concetto di stadialità. Ciò che rende però maggiormente interessante e singolare il pensiero diWallon è il suo tentativo di coniugare questa successione di stadi, integrando al loro interno due fra i più importanti poli della vita: l’intelligenza e l’affettività, argomenti trattati molto spesso in modo separato da molti autorevoli studiosi. Secondo Wallon, all’interno di una successione di stadi, l’alternanza dialettica e la discontinuità tra ‘predominio dell’affettività sull’intelligenza’ e, rispettivamente, ‘predominio dell’intelligenza sull’affettività’ favorisce l’elaborazione e la costruzione della personalità. All’interno di questo sistema (evidentemente ispirato al modello Hegeliano tesi-antitesi), Wallon concepisce l’evoluzione della personalità come vettore discontinuo e non lineare. Il relativo concetto di crisi, sembra trovare spiegazione in un momento di disequilibrio che si situa al passaggio da uno stadio a quello successivo (sottolineandone così il profondo valore energetico), ma che può anche rivelarsi come un fattore ostacolante dell’evoluzione, se non addirittura determinare l’eventuale regressione. L’alternarsi ritmico di affettività ed intelligenza diventa così un movimento che indica come nell’essere umano, nel corso del suo divenire, la condizione che permette l’apparire il pensiero é che questo sia preceduto da uno sguardo silenzioso verso il centro di se stessi. In tal senso, ci corre alla mente il valore profondo del silenzio dell’Apprendista; un silenzio volto a far vivere al neofita e con tutti i suoi sensi tutto quanto accade all’interno del Tempio, fonte inesauribile di emozioni che vanno percepite, vissute, gustate, assaporate. Non è forse questo silenzio, anche per l’Apprendista, l’elemento che precede le prime riflessioni ed il conseguente tracciamento delle prime tavole? Oppure, ponendoci nella prospettiva del percorso massonico nei primi tre gradi simbolici, questo movimento interno-esterno-interno non è forse traducibile nel passaggio che va dal silenzio esteriore dell’apprendista, all’operatività del compagno, per giungere al silenzio interiore del Maestro?
Superamento delle crisi
Nel corso della mia lunga carriera di insegnante, a vari livelli, ho spesso assistito ad eccessive penalizzazioni nei confronti di studenti i quali mostravano di non possedere i requisiti necessari ai sensi dei criteri di valutazione fissati di volta in volta dagli insegnanti, ovvero dai trasmettitori di sapere. Ad un esame più attento, anche dopo soli pochi giorni che i famigerati esperimenti erano stati siglati dall’insufficienza, gli stessi studenti mostravano però di padroneggiare molto più di altri loro compagni i contenuti dell’apprendimento precedentemente richiesti. Segno evidente, questo, che tali studenti stavano attraversando un momento di crisi e si trovavano in una fase di elaborazione del sapere, rivelando quindi una serie di errori più o meno gravi dovuti non tanto alla mancanza di studio, ma al semplice fatto che stavano apprendendo. Il termine stesso di errore (proveniente dal verbo latino errare) mette in risalto il fatto che, nel momento stesso dell’elaborazione del sapere e – segnatamente – nelle fasi di passaggio evolutivo, il soggetto che apprende si trova in uno stato di disequilibrio causato dall’alternarsi del vecchio e del nuovo contenuto. Questo errare non corrisponde affatto al momento della fissazione dell’errore, bensì ad un incuriosito girovagare del soggetto che apprende all’interno della struttura stessa del sapere, nel tentativo di appropriarsene. Un analogo stato di crisi, d’altro canto, lo si ritrova anche nei momenti in cui il soggetto è posto nella condizione di dover decidere una via piuttosto che un’altra. In tal senso il verbo de-cidere – non molto distante dal suo parente prossimo re-cidere – mette in evidenza l’atto stesso del separarsi da qualche cosa, dall’eliminare parti di una struttura precedente, con la conseguente sofferenza che ne deriva. Sappiamo bene, infatti, che la decisione umana implica un lavorio interiore ed una serie di errori sistematici, talvolta persino creativi, che destabilizzano sia il soggetto stesso sia il suo entourage relazionale, soprattutto a causa di repentine soluzioni che appaiono sorprendenti e sbalorditive. Così come dovrebbe accadere all’interno di ogni sistema formativo e di istruzione o in taluni ambiti dove è spesso necessario decidere, anche in Massoneria, a maggior ragione, è imprescindibile tenere in considerazione le possibili crisi silenziose dei Fratelli affinché, con l’amore, la relazione di profondo ascolto partecipe, di comprensione e di aiuto reciproco esse possano risolversi in modo positivo, garantendo così la crescita personale e la continuazione del loro percorso iniziatico. Per il buon funzionamento di una Loggia Massonica é quindi fondamentale mantenere costante tale stato di vigilanza, soprattutto da parte dei Padrini, ma anche da parte di tutti i Fratelli che la compongono. Solo così sarà possibile gestire le crisi dei Fratelli ed evitare uscite o dimissioni inattese assicurando, per quella via, la continuazione della Tradizione.